“ Si scrive ciò che si sente e si vive. Si scrive con tutto il proprio essere. E’ la sola maniera di essere onesti, di essere se stessi”.

Ivy Compton-Burnett

lunedì 30 dicembre 2013

CONSUNTIVO 2013...



RICONOSCO L’AMORE

Riconosco l’amore
dalla vita che torna
calda nelle vene
ghiacciate dal silenzio.
Dal sorriso inatteso
che mi sfiora il viso
nello specchio rattrappito
come una maschera di cera.

Riconosco l’amore
quando la nebbia si dirada
ed è ancora inverno
ma per tre mesi soltanto.
Dalle idee che si affollano
dalle urgenze improvvise
dal gusto di esserci
dopo averlo scordato.

AR (dicembre 2013)



giovedì 12 dicembre 2013

INVITO RASSEGNA LETTERARIA

INVITO - Sabato 14 dicembre 2013 - Biblioteca di Erba, h 16.
Partecipo col racconto "MADRE LINGUA", 
edito nell'antologia LINGUAMADRE 2010 ( Ed. SEB27)







giovedì 28 novembre 2013

VENUTI AL MONDO

Non si vive per essere felici, per creare, per amare o per costruire.
Si vive perchè siamo venuti al mondo.

28-11-2013

( Foto di Flor Garduno)


lunedì 25 novembre 2013

Giornata contro la violenza sulle donne

Nella speranza che sempre più donne trovino la forza di dire a voce alta.
Perchè il silenzio é una gabbia che non possiamo più sopportare.

25-11-2013


IO SO

Io so – non è difficile saperlo
di donne prese a pugni in faccia
calci nel ventre dopo sberle e insulti
minacce di morte giustificate
con baci e scuse.

venerdì 15 novembre 2013

ANDARE...

Andare per sentire
nel bozzolo che corre
un mondo vivo
nonostante.
Per ritrovare
un odore una luce
la città vecchia
sul mare brulicante.
Un luogo leggero
che respira in me
accanto a te
sulla linea dell'orizzonte.

(A.R. 2013)


OMICIDI ANNUNCIATI-FEMMINICIDI

Scrive che me la farà pagare per tutto.
Ma non c'è niente che può togliermi ( non possiedo nulla), se non la vita.
Mi ammazzerà?


domenica 10 novembre 2013

Seguite il link della Consulta delle Donne, http://www.wandamontanelli.it/CdD/luogo/testi/2013/rizzi04.htm
se avete voglia di leggere in anteprima un racconto inedito che apparirà nel mio nuovo libro di racconti intitolato:

          "BAMBINO MIO, quello che le madri non dicono". 
                 In uscita la prossima primavera per Edizioni del Ciliegio.




giovedì 7 novembre 2013

SCRIVIMI D'AMORE anteprima

"Credevo che le parole fossero la sorgente del delirio. Lui mi intontisce di parole, mi dicevo. Enfatizzati dallo schermo del computer, i concetti sembrano palpitare nella penombra della lampada sul mio tavolo. Ma…non è così semplice. Tutto ciò che ottiene una facile spiegazione, di solito, non lo è affatto. Dunque le parole si rivelano per ciò che sono: parole. Niente anima, passione, intensità, se non quelle di chi ci sta dietro, di chi le ha scritte. Così incontro te, più intenso delle tue parole, più appassionato delle tue lettere e le mie buone intenzioni si sfilacciano come nuvole spazzate da un vento imprevisto. Restiamo tu ed io, e certi silenzi..."

SCRIVIMI D'AMORE 
(Leone Editore) 
il mio prossimo romanzo, in libreria a febbraio.



martedì 5 novembre 2013

UMBERTO GERVASI - "Cose di questo mondo"


Mostra di art brut alla Galleria Isarte (Corso Garibaldi 2), Milano.
La prima antologica di un artista singolare, totalmente autodidatta, che modella nella terracotta formidabili gruppi scultorei. Opere potenti in un linguaggio semplice e universale. CONSIGLIATA!


venerdì 18 ottobre 2013

SERA

La mia vita s'era
raggomitolata
per parare i colpi
di un silenzio annichilito
lontano da te.


A.R. (2013)


lunedì 30 settembre 2013

FANTASMI



Siamo fatti della stessa sostanza
dei sogni o dei fantasmi
delle alghe ancorate al fondale
protese verso la luce
che nella tensione si spezzano
per galleggiare sulle onde – vinte
da un anelito acuto.

(A.R. 2013)

 

mercoledì 25 settembre 2013

VIVERE




E’ una malattia
incurabile la maggior parte del tempo.
Il sollievo viene da pochi istanti
brevi ore camuffate da fughe.
Non sono vaccinata
contro la brutalità quotidiana
non ho sviluppato anticorpi
per le emergenze del silenzio.
E’ la malattia della morte
contratta il giorno della nascita
che taluni incautamente
combattono fino all’epilogo.

(A.R. 2013)

Quadro di Gino Sandri
 

giovedì 29 agosto 2013

NELLA STANZA

Quando ci rifiutiamo di sentire
anche le pietre parlano
a modo loro.
Dicono che non possiamo più nasconderci
per giocare esultanti
come ragazzini in vacanza.
Dicono che potremo tenerci per mano
ogni giorno se vogliamo - fuori
dalla solita stanza.

(2013, A.R.)

sabato 24 agosto 2013

DOVREMMO TORNARE

Dovremmo tornare
cautamente improvvisare
e toglierci il dubbio
schiantato come un ramo
dal fulmine per superare
le domande le accuse
gli imbrogli codardi
per ammettere
se qualcosa è sopravvissuto
o soltanto la memoria.

( 2013, A.R.)

foto di Flor Garduno (Mexican B. 1957)

PROVE DI LIBERAZIONE

Mi scucio le labbra
con un sorriso stanco
poi slego il presente
per ammirarlo danzare.

(agosto 2013, A.R.)


( opera di Carol Rama)

DIECI ANNI

Dieci anni tempo lento
di speranze e accadimenti
progetti e bisogni intensi.
Dieci anni tempo fugace
negli occhi di un bambino
che mai più sarà.

(Agosto 2013, A.R.)


venerdì 23 agosto 2013

SE TU

(agosto 2013)
Se tu fossi un fiore
un gladiolo blu saresti,
se fossi un albero
un pino di montagna
cresciuto al sole e sotto le tempeste
preparato.
Se fossi un lago

SCRITTO SUL CORPO

Ti accarezzo piano
perchè questo amore non vada disperso
perchè tu possa scordare il mio volto
ma non l'emozione sulla pelle.
E quando saremo lontani
e dalla mente scaccerai ogni ricordo
il tuo corpo impunemente
ancora cercherà le mie mani
e le avrà.

(agosto 2013- A.R.)

Disegno di Maimuna Feroze Na, 2010


lunedì 19 agosto 2013

VUOI GIOCARE?




Vuoi giocare?
Non ho mai avuto
tre anni e voglia di ridere.
Piangevo
senza ragioni al mondo
al mondo cui ero estranea.
Puoi farmi ridere
se vuoi adesso e tutto il tempo
per quando sarò sola
o solo muta senza te.

(2007)

Opera di Daniel Spoerri, Grosseto


SEMI

Siamo fatti di ciò che abbiamo seminato
poi solo il vento
accudirà quei semi.
Attraverso terre desolate
che nuociono alla pelle
accettiamo l'ennesima richiesta.

La vita ha i suoi diritti
nessuno è immune.



Opera di Daniel Spoerri, Grosseto

BAGLIORI

Come vecchi predicatori senza fede
perseguiamo il segno e il senso
mentre lo sguardo si distrae -
a un bagliore tra le onde
sorride.

(agosto 2013)



mercoledì 14 agosto 2013

AUTOIMMUNE

Si irrita la ferita
che non si può medicare:
non sono mai guarita
per non voler scordare

(agosto 2013)

Frida Khalo


NASCITA

Non solo forma
la donna senza testa
- lacrima muta
dentro il corpo perso
sfinito d'impotenza

(agosto 2013)

Frida Khalo. La mia nascita. 1932

martedì 13 agosto 2013

COPPIA

Noi poveri di sogni
che si smorzano
ad uno ad uno
come zolfanelli in una notte umida.

(agosto 2013)


(Fulvia Mendini, acrilico 2008)

giovedì 8 agosto 2013

BIANCO E NERO

Scegliere di NON scegliere
per salvarsi la vita.
Un compromesso?
Forse una vocazione…
(se la mancanza ci appartiene
come il respiro.)





(5 agosto 2013 - A.R.)












martedì 30 luglio 2013

LA DOLCE VITA, racconti erotici




Antologia di racconti erotici by italian women writers ( tra cui la sottoscritta). A cura di Maxim Jakubosky per Ranning Press (New York). 10 autrici per 10 storie che non si faranno dimenticare! 
Per ordinarla: 
http://www.amazon.co.uk/Dolce-Vita-Maxim-Jakubowski/dp/0762448482/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1357143921&sr=1-1.


Leggete il mio racconto:  

COSTRUZIONI VARIABILI ( sì, come il blog)

 



Sarà questo l’inferno che si dice:
volere ancora le cose
della vita e sentirsi in altre stanze
(Daria Menicanti, “Autunno”)


L'uomo è vecchio ma finge di non saperlo. Lei, nei suoi ricordi, è soltanto giovane, bella, vitale. Nulla di più di quello che l'uomo prova nei suoi confronti. Lei potrebbe essere una sua costruzione mentale, una follia. Forse lui inventa. Forse racconta a sé stesso un desiderio mai realizzato. Ma questo non è possibile scoprirlo: non ci sono indizi. L'uomo sta raccontando e non gli importa di essere ascoltato. Inizia dalla fine, perché ha bisogno di sciogliere i nodi.
- E poi mia moglie scoprì tutto,- sta dicendo.
-  La solita telefonata anonima le comunicò date, luoghi e orari, con precisione meticolosa. Non credevo di avere molti amici, ma ho sempre sospettato nemici invisibili e avvelenati, pronti a slanci da serpi alla prima occasione propizia. Che arrivò naturalmente e nel momento peggiore, in cui lei, non chiedendo più niente, mi aveva legato così bene, così bene.
Mai più, disse mia moglie categorica, guardandomi dritto negli occhi.
Figuriamoci. Senz'altro ero d'accordo. Esercitava un suo sacrosanto diritto. Mai più, sicuramente, le risposi. Sta' tranquilla. Del resto non si era trattato che di un gioco, una bravata, un’avventura. Una corsa eccitante e svagata dietro un paio di gambe snelle, dietro una gonna impudentemente corta, una bocca audace. Il colpo di testa di un ragazzino.
Immaturo, ingrato, porco, sibilò a denti stretti, senza muovere un solo muscolo del viso. Come negare? Accuse retoriche ma giuste, imputabili a qualunque cinquantenne. Sì, perché nel frattempo erano trascorsi più o meno otto anni. Una ragazzata lunga quasi un decennio, da non credere, una specie di regressione, tenuta saldamente sotto controllo però. Del resto
se ne incontrano tante in minigonna e tacchi alti. Tantissime coi capelli tinti che sembrano veri, biondo miele, come naturali. Tutte con l'aria fatale quando è un cinquantenne, tra i cinquanta e i sessanta per la precisione, il pretendente. Aspiranti lolite in cerca di pigmalioni. Ma io davvero non ne ho mai avuto la stoffa: non so proteggere, rassicurare, consolare. Non ho neanche del gran tempo da perdere, per cui i patti sono  stati chiari fin da subito. Ci si vede e basta, tutto lì. Che tanto la paura di invecchiare e poi di morire non  passa ugualmente, anche se lei ha trent'anni di meno. Sarà per questo che quando mia moglie  disse che doveva finire io non ci persi il sonno. Sapevo che sarebbe potuto capitare e alla fine è accaduto. Non mi è parso il caso di farne una tragedia, tanto che per semplificare a lei l'ho detto per telefono. Del resto detesto i pianti, le minacce o qualunque altra cosa sarebbe potuta accadere. Mi è sembrato tutto chiaro, pulito. Non c'era granché da discutere e così ho chiuso. Un bel taglio netto, come mozzarsi una mano o un braccio. Un gesto forte, efficace e di soddisfazione. Un uomo pragmatico non ha tentennamenti: è un manager dell'anima.
Il dolore, quello vero intendo, non era previsto. E' subentrato un paio di mesi più tardi, forse tre, in modo improvviso e subdolo. Stavo attraversando la strada quando da dietro l'angolo di un palazzo sbucò una ragazza in minigonna,  con le scarpe tipo trampoli. Non mi fermai, non ci persi un istante di più, eppure dentro lo stomaco  o    attorno,  avvertii  uno  spasmo  acuto,  una  fitta netta e profonda. E' desiderio, mi dissi sicuro, tranquillo. Eccitazione, nient'altro. Sarò anche fedele ma non ho certo fatto voto di castità. Chi disdegnerebbe un corpo morbido e accogliente, uniformemente sodo, energico, vitale?  Due ore in un motel qualunque e tornerei alle mie occupazioni più convinto di prima. Poi la ragazza si voltò e ne fui deluso. Non che lei, lei l'altra intendo, fosse un ideale di bellezza, non che fosse la perfezione. Era lei e basta. Gli occhi, la bocca, i seni, il sedere, le gambe, erano i suoi.
Comunque presi un caffè al bar di fronte e annegai il  crampo allo stomaco. Con tutto quello che avevo da fare ci mancava di perder tempo in pensieri inutili.
La seconda volta, in cui il dolore si ripresentò, sempre con la sua maschera accomodante, guidavo fuori città. L'appuntamento di lavoro aveva dato i suoi frutti, ero  rilassato  e  soddisfatto,  per  quanto  lo  si  può  essere  in  certe  mattine  di settembre in cui il sole trascina con sé lembi di estate già sprecati. Guidavo senza troppa fretta, percorrendo sempre la stessa strada, quella che attraversa come un fiume le campagne piane e silenziose, quando notai l'auto. Era distante dal ciglio della strada ma perfettamente visibile, sulla riva d'un corso d'acqua. Contro l'abitacolo, in pieno sole, lei irrimediabilmente bionda e lui soltanto più alto, avvinghiati, stretti, affannati, febbrili. Fu un pugno nello stomaco, una sorpresa insopportabile. Il tempo di riconoscerne i gesti ed erano già svaniti, fuggiti via insieme al fiume, i platani, i cespugli ancora fioriti, l'aria calda e fragrante, il sole limpido, il cielo disteso e accogliente.
Mi accorsi che stringevo il volante con forza, che avevo accelerato senza volerlo. Vattene  pensavo,  lascia  perdere,  non è cambiato niente, non ti interessa, non ti riguarda. Era così infatti, non mi riguardava. Stavo benissimo. Il dolore dentro, sotto le costole, non era affar mio. Potevo benissimo ignorarlo, non era davvero un dramma. Anche se il posto era quello, più o meno. Ricordo che c’era un fiume simile, probabilmente lo stesso. Ed era estate, faceva caldo. Giugno o settembre non fa grande differenza. Lei aggrappata alla mia giacca, le labbra morbide e insaziabili, le palpebre tremanti. Respiravo dentro i suoi capelli, le mani dappertutto, il sangue come un rombo nei polsi. Amore, sussurrava contro la mia bocca. Zitta, zitta, zitta! Che bisogno c'era di parole? Non dirle, non ora né mai, non farlo. Ma rideva. La lingua, i denti piccoli, il collo riverso. Liquida e calda.
A dicembre era già troppo tardi. Lei annidata sotto la mia pelle mi succhiava forza e determinazione. Invadeva le mie sicurezze come una malattia, corrodeva le mie protezioni. Lei scalpitava dentro il mio petto e d'improvviso si abbandonava dolcemente, languida e cedevole. Dimenticare e resistere, questo era il mio obiettivo. So essere molto determinato, so sempre cosa fare.
Se telefonai era per non avere dubbi, per rassicurarmi. In fondo cosa mi costava? Non compromettevo niente con una telefonata. E poi dopo un anno tante cose cambiano e capita di aver nostalgia più dei ricordi che della realtà. E la nostalgia distorce  le  cose  e  le  persone,  cambia  i  colori e i  toni. Non è affidabile. Meglio accorciare le distanze allora, meglio l'impatto brutale ma realistico, che spazza via ogni speranza, che ripulisce il passato e smorza i rimpianti. Era una soluzione: sono sempre stato molto razionale. Per questo telefonai. E appresi che si era trasferita in un'altra città, forse in un altro stato. No, non seppero essere più precisi, non avevano informazioni al riguardo, erano semplicemente i nuovi inquilini.
Bene. Respirai di sollievo. Tutto si era risolto così come avevo previsto. Era stato facile e sbrigativo. Anche avessi voluto fare ulteriori indagini non avrei saputo neppure da dove iniziare. E comunque non ero mia intenzione indagare ulteriormente. Le cose si erano sistemate nel miglior modo possibile, per entrambi  sicuramente.
Potevo tornare ad occuparmi un po' più seriamente del mio lavoro e della mia famiglia. Della mia vita in sostanza, della mia solita vita, che poteva ancora andare bene. Del resto non si può vivere dentro la pelle di qualcun altro, dentro l'esistenza di chicchessia.
Per la verità qualche indagine la feci, fin dove mi è stato possibile. Dissero che si era trasferita in Inghilterra ma che sarebbe rientrata prima o poi. Non era una soluzione definitiva la sua, era senz'altro intenzionata a tornare dopo un certo periodo.
Benissimo, pensai. Meglio per lei. Anche se non capivo cosa c'era andata a fare all'estero. Non stava bene a casa sua? Comunque, mi dico spesso, prima o poi tornerà. Magari nella stessa città, è molto probabile. Oppure altrove. In realtà non fa differenza per me. Non posso certo passare la mia vita al telefono nella speranza di rintracciarla in un qualunque paese. Quante probabilità avrei? Comunque non è escluso che torni dove ha abitato per tanti anni, sarebbe la scelta più logica. Potrebbe addirittura cercarmi un giorno, giusto per sapere che fino ho fatto. Per curiosità. Non ci sarebbe nulla di strano. Ovviamente io non me ne starò qui ad aspettare che chiami, non ho quindici anni e se voglio compagnia femminile so dove trovarla. Non ho problemi ad incontrare giovani donne carine e intraprendenti.  In  ogni  caso  non  mi interessa ciò che farà della sua vita. Non mi riguarda, così come non mi  riguardava allora. E poi è passato davvero molto tempo e le cose cambiano. Se  chiamerà la saluterò con piacere, tutto qui. Infondo perché non dovrebbe chiamare? Siamo stati assieme sette anni e avremmo potuto starci ancora altri sette o dieci o venti se non fosse accaduto ciò che sappiamo. Stavamo bene insieme, questo non intendo negarlo. Lei sarebbe d'accordo, credo. Dunque chiamerà, ne sono certo. Io malattie non ne faccio per nessuna, figuriamoci, alla mia età. Però sono qui. Se chiama sono qui.
Non esco quasi mai. E senz’altro non l’ho scordata.
Del resto perché dovrei scordarla? Perché? Avrei dovuto?

(continua... )

giovedì 11 luglio 2013

BIENNALE D'ARTE A VENEZIA, performance

I DIRITTI NEGATI
Performance alla Biennale d'Arte 2009 contro i diritti negati alle donne di tutto il mondo.
Autrice l'artista Pakistana MAIMUNA FEROZE NA e alcune donne italiane volontarie.










Grazie Maimuna, per avermi fatto partecipare ad un'esperienza indimenticabilke. alina

domenica 30 giugno 2013

POESIA INDIANA CONTEMPORANEA


Tempo fa, trovandomi in Marocco, ho chiesto a qualche libraio ber fornito se potevo avere un’antologia di poesia femminile che raggruppasse autrici del luogo. I librai, gentilmente, mi hanno sorriso, scuotendo la testa.
- Non abbiamo antologie femminili- mi hanno detto.
- Bene, allora antologie poetiche a cui abbiano partecipato anche delle donne- ho risposto.
Di nuovo quel sorrisetto che mi ha fatto sentire una povera ingenua e, nel contempo, una gran rabbia.
- Le donne non pubblicano poesie qui,- hanno precisato in modo naturale.
Mi sono chiesta se mi stessero prendendo in giro. Era davvero possibile che non avessero poesia femminile in lingua? E a che scopo, però, negarmela? Rinunciavano ad una vendita sicura.
Non ho avuto modo, sul posto, di verificare se mi dicessero la verità.
E sarei lieta se qualcuno avesse notizie in merito.
Nel frattempo, tornata in Italia, ho avuto in dono da un’artista pakistana, ora cara amica, un libro di poesia femminile indiana, che vi consiglio vivamente.
Il titolo è “L’india dell’anima” a cura di Andrea Sirotti, editrice Le Lettere, anno 2000.
Specifico che si tratta di poesia indiana in lingua inglese tradotta in italiano.
Forse la poesia in lingua indiana non occupa lo stesso spazio, neppure in India.

Dall’introduzione di Andrea Sirotti.
La poesia delle donne indiane- ma forse lo stesso concetto può essere esteso ad altre letterature nazionali – sembra caratterizzata da una grande onestà e schiettezza. La posizione di forza di chi, tradizionalmente vittima e costretta al silenzio, trova ora i mezzi per raccontare anni di soprusi, di prevaricazioni, anni in cui per parlare occorreva l’autorizzazione da parte di un maschio della famiglia. La poesia femminile privilegia da sempre il privato, i toni confessionali, ma nei casi migliori lo fa rispecchiando l’universalità di una condizione femminile, assolvendo in pieno al dettato secondo cui “il personale è politico”. Scrivere di se stesse, dei propri ricordi, della propria memoria familiare e culturale, delle proprie esperienze di vita è per queste poetesse farsi interpreti di una condizione universale, di un’esigenza di generazione, di identità culturale e di gender.
(………………)
Le poetesse qui selezionate sono accomunate soltanto dalla nascita nel subcontinente indiano o dal fatto di rappresentare, pur nelle loro marcate specificità e differenze, alcuni aspetti peculiari della cultura indiana, soprattutto nel suo confronto con l’occidente o con la tradizione autoctona. (……)

PICCOLA SCELTA DI POESIA INDIANA

I vermi

Al tramonto, sulla riva del fiume, Krishna
l’amò per l’ultima volta e se ne andò…
Quella notte, tra le braccia del marito, Radha si sentì
così morta che lui chiese, “Che hai?
Ti dispiace se ti bacio, amore? E lei disse,
“No, per niente”, ma pensò, “Che importa
al cadavere del morso dei vermi?”
(di Kamala Das)

Bipede
Ora che mi hai colpito
devo ritoccarmi la bocca
e sorridere tranquilla
oppure non sorridere affatto,
ma in qualche modo mostrare
che sono nobile, non vile.
E il cane, dentro,
che guaisce
così pietosamente,
e che vorrebbe leccarti le mani
(si sente così caduto in disgrazia)
quel cane dev’essere zittito
prima che il suo ululato
tradisca sventura.
Ma sono io quel cane.
Sono stata io a urlare,
Io che sono stata ferita.
Che ho sentito il dolore.
E sono io
Che ho disprezzato me stessa.

(di Suniti Namjoshi)

Proprietà
Dentro di me c’è un nocciolo
come quello che cerca
di riempire il mango.
Dentro c’è l’essenza
di un altro continente.
Temo che qualcuno me lo tolga-
ma come sarebbe
meglio
prenderlo tra le braccia
e scappar via con lui!
(di Moniza Alvi)

Pensieri di una donna Pakistana in una prigione inglese
E’ vero, sono più felice di prima.
Qui per la prima volta so che sono me stessa,
non la figlia di questo, o la moglie di quell’altro.
Il mio crimine? Non avevo scelta.
Questo non l’hanno capito.
I miei pensieri
svolazzano come uccelli per la mia cella,
quasi quasi scivolano via dalle sbarre.
Grazie a dio, non sono
uccelli asiatici, o uccelli inglesi.
Di notte conto tutte quelle penne lucenti.
Questa penna è la mia volontà.
Questa penna è il mio diritto.
(di Moniza Alvi)

IL POSTO DI UNA DONNA
Devi stare attenta alla bocca, soprattutto
se sei una donna. Un sorriso
va soffocato con l’orlo del sari.
Nessuno deve vedere la tua serenità incrinata,
neppure dalla gioia.
Se ogni tanto hai bisogno di urlare, fallo
da sola, ma di fronte a uno specchio
dove puoi vedere la forma strana che prende la bocca
prima che la strofini via.
( di Imtiaz Dharker )
 

JOYCE MANSOUR

IL MIO CORPO BRUCIA DALLA NASCITA
Se cercate una traduzione italiana delle poesie di Joyce Mansour, non sprecate tempo. Non ne esistono a parte l’elegante plaquette FIORITA COME LA LUSSURIA curata da Carmine Mangone e stampata da NAUTILUS.
In internet si trova solo qualche rara notizia e sembra che anche in Francia, dove l’autrice pubblicò ben 16 raccolte di poesie, quattro testi di prosa e una pièce, la signora ”dell’eros senza fine” sia poco conosciuta.
Certo le sue poesie non fanno parte di quel genere che viene declamato enfaticamente nei seminterrati di piccole librerie polverose, come accade da noi, né di quello che prevede dibattiti, interviste, approfondimenti, in sale asettiche con luci al neon.
La poesia di Joyce Mansour, per il poco che ho potuto leggere recuperando qua è là, è impudica, violenta, scanzonata, ironica, urlata. Rivendica il diritto di urlare il proprio desiderio anche in versi, di maledire gli uomini che non l’anno voluta, di accusare gli amanti di non essere alla sua altezza, e all’altezza di quel corpo – e quell’anima- che “brucia sin dalla nascita.” Di passione ovviamente.
Ma è ancora di moda la passione ai nostri giorni? Oppure troppo complessa, scomoda, pericolosa per essere urlata dentro un libro e in mezzo a un pubblico?
Liberi di avere le vostre opinioni, ma guardandovi attorno avrete poco da elucubrare: agli incontri poetici ci si addormenta! Figuriamoci se qualcuno azzarda la passione!
Vi propongo alcuni versi, tanto per darvi un’idea dell’intensità cui mi riferisco, e del temperamento della signora Mansour.

Da “GRIDA”, 1953

Mi piacciono le calze che rassodano le tue gambe.
Mi piace il busto che sostiene il tuo corpo tremante
Le tue rughe i tuoi seni ballonzolanti la tua aria affamata
La tua vecchiaia contro il mio corpo teso
La tua vergogna davanti ai miei occhi che sanno tutto
I tuoi vestiti che odorano del tuo corpo marcio.
Tutto questo alla fine mi vendica.
Degli uomini che non hanno voluto saperne di me

Vuoi il mio ventre per nutrirti
Vuoi i miei capelli per sfamarti
Vuoi le mie reni i miei seni la mia testa rasata
Vuoi che muoia lentamente lentamente
Che mormori morendo parole infantili.
Mi piace vedere i loro visi paurosi
Non ci tengono a scrutare la morta
Vogliono rinchiuderla in fretta lontano dalla pausa.
E ancora vestiti a lutto
Faranno l’amore per seppellire meglio
Il suo ricordo disfatto.

Voglio mostrami nuda ai tuoi occhi melodiosi.
Voglio che tu mi veda mentre urlo di piacere.
Che le mie membra piegate sotto un carico troppo pesante
Ti spingano a gesti blasfemi.
Con i capelli lisci della mi testa offerta
Rimangano sospesi alle tue unghie ricurve di furore.
Che ti tenga in piedi cieco e devoto
Guardando dall’alto il mio corpo spiumato.

Ti piace dormire nel nostro letto disfatto
Non ti disgustano i nostri antichi sudori
Le lenzuola sporche di sogni dimenticati
Le nostre grida che risuonano nella camera buia
Tutto questo esalta il tuo corpo affamato
La tua brutta faccia alla fine s’illumina
Perché i nostri desideri di ieri sono i tuoi sogni di domani

(Traduzione di Mauro Conti dalla rivista “Poesia”, Crocetti)

DA “LACERAZIONI”, 1955
Invitami a trascorrere la notte nella tua bocca
Raccontami la giovinezza dei fiumi
Premi la mia lingua contro il tuo occhio di vetro
Dammi a balia la tua gamba
E poi dormiamo, fratello mio,
Perché i nostri baci muoiono più veloci della notte.

C’è del sangue sul giallo d’uovo
C’è dell’acqua sulla piaga della luna
C’è dello sperma sul pistillo della rosa
C’è un dio in chiesa
Che canta e s’annnoia
Non ci sono parole
Soltanto peli
Nel mondo senza verzura
Dove i miei seni sono re.
E non ci sono gesti
Soltanto la mia pelle
E le formiche che brulicano tra le mie gambe untuose
Portano le maschere del silenzio lavorando.
Viene la notte e la tua estasi
E il mio corpo profondo questo polipo senza pensiero
Ingoia il tuo sesso agitato
Durante la sua nascita.

Un nido di viscere
Sull’albero secco che è il tuo sesso
Un cipresso nero piantato nell’eternità
Fa la veglia ai morti che alimentano le sue radici
Due ladroni crocifissi su costolette d’agnello
Se la ridono del terzo che, a missione compiuta,
mangia la sua croce di carne arrostita.
Il nero mi circonda
Salvatemi
Gli occhi aperti sulla vuota disperazione degli orizzonti marittimi
Mi scoppiano nella testa
Salvatemi
I pipistrelli dai corpi ammuffiti
Che vivono nei cervelli torturati dei monaci
S’attaccano alla mia lingua cremosa
La mia lingua gialla di donna accorta.
Salvatemi, voi che capite
E i vostri giorni saranno moltiplicati
Malgrado i peccati che non vi hanno perdonato
Malgrado lo spessore delle notti nelle vostre bocche
Malgrado i vostri bambini iniziati al male
Malgrado i vostri letti.

( traduzione di Carmine Mangone da “Fiorita come la lussuria”)

NOTE BIOGTRAFICHE:
Joyce Patricia Ades – questo il suo nome autentico – è nata ad Bowden, in Inghilterra, nel 1928. I suoi genitori risiedevano però abitualmente a Il Cairo, dove la famiglia Ades faceva parte da diverse generazioni della numerosa colonia britannica. Dopo gli studi secondari svolti in Svizzera e Inghilterra, Joyce rientra quindi in Egitto. Nel 1947, primo tragico matrimonio:suo marito, colpito da un mare incurabile, muore dopo appena sei mesi. Nel ’49 si risposa con Samir Mansour della comunità francese. La nuova coppia comincia allora a spostarsi tra Parigi e Il Cairo, e Joyce s’inizia alla cultura francese assimilandone la lingua da autodidatta. Nel ’53 pubblica a Parigi la sua prima raccolta di poesie, “Cris” attirando da subito l’attenzione dei surrealisti. Sarà l’inizio di una parabola creativa che si esaurirà soltanto nel 1986, allorquando la scrittrice angloegiziona muore per un tumore al seno.
Scrisse di lei Claude Courtot, membro del gruppo surrealista: “Avevo fatto la conoscenza di Joyce e di Breton nel 1964. Al caffè La promenade de Venus, lei si sedeva sulla panca in fondo alla sala, sotto il grande specchio, in modo da essere di fronte a Breton (…) chiedeva regolarmente del rum e fumava un sigaro enorme che, per uno strano contrasto, rendeva ancora più femminili i tratti del suo viso di bambola bruna dagli occhi attraenti come pozzi…”

SYLVIA PLATH, l'intervista immaginaria



Silvia Plath (Boston 1932-Londra 1963), poetessa americana di fama mondiale, è morta suicida a 30 anni dopo aver pubblicato un solo libro. Le rivolgo alcune domande molto personali, nella speranza di ottenere da lei, attraverso i suoi diari ( Adelphi) la possibilità di avvicinarmi un po' di più al suo mondo e alla sua poesia, tentando un gioco che non vuole essere come spiare dal buco della serratura l'esistenza altrui, ma un sincero e profondo desiderio di avvicinamento.
1- Le pesa la solitudine necessaria alla scrittura?
"Sto sempre ad ascoltare i passi su per le scale e li odio se non vengono da me. Perché, perché non posso diventare ascetica per un po', invece di stare sempre in bilico tra il desiderio di completa solitudine per scrivere e leggere e il desiderio grande, grande, di mani che gesticolano e parole di altri essere umani." 25-2-56
2- Come si confronta con gli altri scrittori?
" Oggi mamma mi ha scritto una lettera di massime utili; dapprima scettica come sempre, ho letto quel che ha colpito nel segno: - se ti paragoni agli altri , rischi di diventare vanitosa o amara, perché ci saranno sempre persone più o meno importanti di te…Al di là di una sana disciplina, sii buona con te stessa. Sei anche tu una creatura dell'universo come gli alberi e le stelle; hai tutto il diritto di essere qui.- Queste parole si sono rivolte pacificamente al mio cuore, come a commentare, gentilmente, la mia vita, i miei giorni." 25-2-56
3- Quanto è importante pubblicare per lei?
"…per me scrivere è una forma di vita: e scrivere non solo da un punto di vista pragmatico, rivolto al guadagno. Certo, considero la pubblicazione un riconoscimento di valore e una conferma di capacità - ma scrivere richiede esercizio, esercizio continuo." maggio 1952
" …scrivi ogni racconto, non per vederlo pubblicato, ma per diventare una scrittrice migliore - e, in quanto tale, più vicina alla pubblicazione." 9-8-1957
4- Cosa significa scrivere?
La scrittura è un rito religioso: è un ordine, una riforma, una rieducazione al riamore per gli altri e per il mondo come sono e come potrebbero essere. Una creazione che non svanisce come una giornata alla macchina da scrivere o in cattedra. La scrittura resta: va sola per il mondo. Tutti la leggono, vi reagiscono come si reagisce a una persona, a una filosofia, a una religione, a un fiore: può piacergli o meno. Può aiutarli o meno. La scrittura prova delle emozioni per dare intensità alla vita: offri di più, indaghi, chiedi, guardi, impari e modelli: ottieni di più; mostri, risposte, colore e forma, sapere. All'inizio è un atto gratuito. Se ti fa guadagnare, tanto meglio. All'inizio non lo fai per soldi. Non è per soldi che ti siedi alla macchina per scrivere. Non che non ti piacerebbe. E' così bello quando un mestiere ti paga da mangiare. Con la scrittura non si sa mai. Come vivere nell'insicurezza? E peggio ancora con il rischio ogni tanto di fallire o perdere la fede nella scrittura stessa. Come vivere con tutto questo? La cosa peggiore, peggiore di tutte, sarebbe vivere senza scrittura. 12-12-1958
5- Che cosa la spaventa davvero?
"La catena logica della mia paura funziona così: voglio scrivere racconti e un romanzo ed essere la moglie di Ted e la madre dei nostri figli. Voglio che Ted scriva come vuole e viva dove vuole e che sia mio marito e il padre dei nostri figli. Per adesso non riusciamo, e forse non ci riusciremo mai, a guadagnare da vivere come scrittori, ma è il mestiere che ci piace. Come riusciremo a fare soldi senza sacrificare energie e tempo e danneggiare il nostro lavoro? E ancora peggio: che succede se il nostro lavoro non è abbastanza buono? Ci mandano indietro delle cose. Il mondo in questo modo ci sta forse dicendo che non dovremmo affannarci a scrivere? Come facciamo a sapere se lavorando duro oggi e migliorando supereremo mai la mediocrità? Il mondo in questo modo si sta forse vendicando perché abbiamo voluto rischiare? Non lo sapremo finché non avremo lavorato, scritto. Niente ci garantisce che vinceremo un diploma di scrittura. Allora madri e bottegai avevano ragione? Non sarebbe stato più semplice risparmiarci questi interrogativi inquietanti, trovare un buon lavoro e assicurare un futuro ai piccoli? No, se non vogliamo amareggiarci tutta la vita. No, se non vogliamo sentirci frustrati: che grande scrittrice sarei stata, se solo. Se solo avessi avuto il fegato di provare a lavorare e a sopportare l'insicurezza provocata da tentativi e fatica."
12-12-1958


Il 19 febbraio 1959 Silvia Plath si chiede, nel diario: " Di che cosa ho paura? Di invecchiare e morire senza essere diventata Qualcuno?"
Il 16 ottobre del 1962 sembra aver trovato una risposta, e scrive: "Sono una scrittrice geniale; me lo sento. Sto scrivendo le poesie più belle di tutta la mia vita; mi renderanno famosa…"
Era così infatti, perché quell'autunno completò la sua raccolta più bella e famosa, intitolata "Ariel", ma questo lei non lo seppe mai, perché meno di quattro mesi dopo si suicidò.