“ Si scrive ciò che si sente e si vive. Si scrive con tutto il proprio essere. E’ la sola maniera di essere onesti, di essere se stessi”.

Ivy Compton-Burnett

domenica 30 giugno 2013

POESIA INDIANA CONTEMPORANEA


Tempo fa, trovandomi in Marocco, ho chiesto a qualche libraio ber fornito se potevo avere un’antologia di poesia femminile che raggruppasse autrici del luogo. I librai, gentilmente, mi hanno sorriso, scuotendo la testa.
- Non abbiamo antologie femminili- mi hanno detto.
- Bene, allora antologie poetiche a cui abbiano partecipato anche delle donne- ho risposto.
Di nuovo quel sorrisetto che mi ha fatto sentire una povera ingenua e, nel contempo, una gran rabbia.
- Le donne non pubblicano poesie qui,- hanno precisato in modo naturale.
Mi sono chiesta se mi stessero prendendo in giro. Era davvero possibile che non avessero poesia femminile in lingua? E a che scopo, però, negarmela? Rinunciavano ad una vendita sicura.
Non ho avuto modo, sul posto, di verificare se mi dicessero la verità.
E sarei lieta se qualcuno avesse notizie in merito.
Nel frattempo, tornata in Italia, ho avuto in dono da un’artista pakistana, ora cara amica, un libro di poesia femminile indiana, che vi consiglio vivamente.
Il titolo è “L’india dell’anima” a cura di Andrea Sirotti, editrice Le Lettere, anno 2000.
Specifico che si tratta di poesia indiana in lingua inglese tradotta in italiano.
Forse la poesia in lingua indiana non occupa lo stesso spazio, neppure in India.

Dall’introduzione di Andrea Sirotti.
La poesia delle donne indiane- ma forse lo stesso concetto può essere esteso ad altre letterature nazionali – sembra caratterizzata da una grande onestà e schiettezza. La posizione di forza di chi, tradizionalmente vittima e costretta al silenzio, trova ora i mezzi per raccontare anni di soprusi, di prevaricazioni, anni in cui per parlare occorreva l’autorizzazione da parte di un maschio della famiglia. La poesia femminile privilegia da sempre il privato, i toni confessionali, ma nei casi migliori lo fa rispecchiando l’universalità di una condizione femminile, assolvendo in pieno al dettato secondo cui “il personale è politico”. Scrivere di se stesse, dei propri ricordi, della propria memoria familiare e culturale, delle proprie esperienze di vita è per queste poetesse farsi interpreti di una condizione universale, di un’esigenza di generazione, di identità culturale e di gender.
(………………)
Le poetesse qui selezionate sono accomunate soltanto dalla nascita nel subcontinente indiano o dal fatto di rappresentare, pur nelle loro marcate specificità e differenze, alcuni aspetti peculiari della cultura indiana, soprattutto nel suo confronto con l’occidente o con la tradizione autoctona. (……)

PICCOLA SCELTA DI POESIA INDIANA

I vermi

Al tramonto, sulla riva del fiume, Krishna
l’amò per l’ultima volta e se ne andò…
Quella notte, tra le braccia del marito, Radha si sentì
così morta che lui chiese, “Che hai?
Ti dispiace se ti bacio, amore? E lei disse,
“No, per niente”, ma pensò, “Che importa
al cadavere del morso dei vermi?”
(di Kamala Das)

Bipede
Ora che mi hai colpito
devo ritoccarmi la bocca
e sorridere tranquilla
oppure non sorridere affatto,
ma in qualche modo mostrare
che sono nobile, non vile.
E il cane, dentro,
che guaisce
così pietosamente,
e che vorrebbe leccarti le mani
(si sente così caduto in disgrazia)
quel cane dev’essere zittito
prima che il suo ululato
tradisca sventura.
Ma sono io quel cane.
Sono stata io a urlare,
Io che sono stata ferita.
Che ho sentito il dolore.
E sono io
Che ho disprezzato me stessa.

(di Suniti Namjoshi)

Proprietà
Dentro di me c’è un nocciolo
come quello che cerca
di riempire il mango.
Dentro c’è l’essenza
di un altro continente.
Temo che qualcuno me lo tolga-
ma come sarebbe
meglio
prenderlo tra le braccia
e scappar via con lui!
(di Moniza Alvi)

Pensieri di una donna Pakistana in una prigione inglese
E’ vero, sono più felice di prima.
Qui per la prima volta so che sono me stessa,
non la figlia di questo, o la moglie di quell’altro.
Il mio crimine? Non avevo scelta.
Questo non l’hanno capito.
I miei pensieri
svolazzano come uccelli per la mia cella,
quasi quasi scivolano via dalle sbarre.
Grazie a dio, non sono
uccelli asiatici, o uccelli inglesi.
Di notte conto tutte quelle penne lucenti.
Questa penna è la mia volontà.
Questa penna è il mio diritto.
(di Moniza Alvi)

IL POSTO DI UNA DONNA
Devi stare attenta alla bocca, soprattutto
se sei una donna. Un sorriso
va soffocato con l’orlo del sari.
Nessuno deve vedere la tua serenità incrinata,
neppure dalla gioia.
Se ogni tanto hai bisogno di urlare, fallo
da sola, ma di fronte a uno specchio
dove puoi vedere la forma strana che prende la bocca
prima che la strofini via.
( di Imtiaz Dharker )
 

JOYCE MANSOUR

IL MIO CORPO BRUCIA DALLA NASCITA
Se cercate una traduzione italiana delle poesie di Joyce Mansour, non sprecate tempo. Non ne esistono a parte l’elegante plaquette FIORITA COME LA LUSSURIA curata da Carmine Mangone e stampata da NAUTILUS.
In internet si trova solo qualche rara notizia e sembra che anche in Francia, dove l’autrice pubblicò ben 16 raccolte di poesie, quattro testi di prosa e una pièce, la signora ”dell’eros senza fine” sia poco conosciuta.
Certo le sue poesie non fanno parte di quel genere che viene declamato enfaticamente nei seminterrati di piccole librerie polverose, come accade da noi, né di quello che prevede dibattiti, interviste, approfondimenti, in sale asettiche con luci al neon.
La poesia di Joyce Mansour, per il poco che ho potuto leggere recuperando qua è là, è impudica, violenta, scanzonata, ironica, urlata. Rivendica il diritto di urlare il proprio desiderio anche in versi, di maledire gli uomini che non l’anno voluta, di accusare gli amanti di non essere alla sua altezza, e all’altezza di quel corpo – e quell’anima- che “brucia sin dalla nascita.” Di passione ovviamente.
Ma è ancora di moda la passione ai nostri giorni? Oppure troppo complessa, scomoda, pericolosa per essere urlata dentro un libro e in mezzo a un pubblico?
Liberi di avere le vostre opinioni, ma guardandovi attorno avrete poco da elucubrare: agli incontri poetici ci si addormenta! Figuriamoci se qualcuno azzarda la passione!
Vi propongo alcuni versi, tanto per darvi un’idea dell’intensità cui mi riferisco, e del temperamento della signora Mansour.

Da “GRIDA”, 1953

Mi piacciono le calze che rassodano le tue gambe.
Mi piace il busto che sostiene il tuo corpo tremante
Le tue rughe i tuoi seni ballonzolanti la tua aria affamata
La tua vecchiaia contro il mio corpo teso
La tua vergogna davanti ai miei occhi che sanno tutto
I tuoi vestiti che odorano del tuo corpo marcio.
Tutto questo alla fine mi vendica.
Degli uomini che non hanno voluto saperne di me

Vuoi il mio ventre per nutrirti
Vuoi i miei capelli per sfamarti
Vuoi le mie reni i miei seni la mia testa rasata
Vuoi che muoia lentamente lentamente
Che mormori morendo parole infantili.
Mi piace vedere i loro visi paurosi
Non ci tengono a scrutare la morta
Vogliono rinchiuderla in fretta lontano dalla pausa.
E ancora vestiti a lutto
Faranno l’amore per seppellire meglio
Il suo ricordo disfatto.

Voglio mostrami nuda ai tuoi occhi melodiosi.
Voglio che tu mi veda mentre urlo di piacere.
Che le mie membra piegate sotto un carico troppo pesante
Ti spingano a gesti blasfemi.
Con i capelli lisci della mi testa offerta
Rimangano sospesi alle tue unghie ricurve di furore.
Che ti tenga in piedi cieco e devoto
Guardando dall’alto il mio corpo spiumato.

Ti piace dormire nel nostro letto disfatto
Non ti disgustano i nostri antichi sudori
Le lenzuola sporche di sogni dimenticati
Le nostre grida che risuonano nella camera buia
Tutto questo esalta il tuo corpo affamato
La tua brutta faccia alla fine s’illumina
Perché i nostri desideri di ieri sono i tuoi sogni di domani

(Traduzione di Mauro Conti dalla rivista “Poesia”, Crocetti)

DA “LACERAZIONI”, 1955
Invitami a trascorrere la notte nella tua bocca
Raccontami la giovinezza dei fiumi
Premi la mia lingua contro il tuo occhio di vetro
Dammi a balia la tua gamba
E poi dormiamo, fratello mio,
Perché i nostri baci muoiono più veloci della notte.

C’è del sangue sul giallo d’uovo
C’è dell’acqua sulla piaga della luna
C’è dello sperma sul pistillo della rosa
C’è un dio in chiesa
Che canta e s’annnoia
Non ci sono parole
Soltanto peli
Nel mondo senza verzura
Dove i miei seni sono re.
E non ci sono gesti
Soltanto la mia pelle
E le formiche che brulicano tra le mie gambe untuose
Portano le maschere del silenzio lavorando.
Viene la notte e la tua estasi
E il mio corpo profondo questo polipo senza pensiero
Ingoia il tuo sesso agitato
Durante la sua nascita.

Un nido di viscere
Sull’albero secco che è il tuo sesso
Un cipresso nero piantato nell’eternità
Fa la veglia ai morti che alimentano le sue radici
Due ladroni crocifissi su costolette d’agnello
Se la ridono del terzo che, a missione compiuta,
mangia la sua croce di carne arrostita.
Il nero mi circonda
Salvatemi
Gli occhi aperti sulla vuota disperazione degli orizzonti marittimi
Mi scoppiano nella testa
Salvatemi
I pipistrelli dai corpi ammuffiti
Che vivono nei cervelli torturati dei monaci
S’attaccano alla mia lingua cremosa
La mia lingua gialla di donna accorta.
Salvatemi, voi che capite
E i vostri giorni saranno moltiplicati
Malgrado i peccati che non vi hanno perdonato
Malgrado lo spessore delle notti nelle vostre bocche
Malgrado i vostri bambini iniziati al male
Malgrado i vostri letti.

( traduzione di Carmine Mangone da “Fiorita come la lussuria”)

NOTE BIOGTRAFICHE:
Joyce Patricia Ades – questo il suo nome autentico – è nata ad Bowden, in Inghilterra, nel 1928. I suoi genitori risiedevano però abitualmente a Il Cairo, dove la famiglia Ades faceva parte da diverse generazioni della numerosa colonia britannica. Dopo gli studi secondari svolti in Svizzera e Inghilterra, Joyce rientra quindi in Egitto. Nel 1947, primo tragico matrimonio:suo marito, colpito da un mare incurabile, muore dopo appena sei mesi. Nel ’49 si risposa con Samir Mansour della comunità francese. La nuova coppia comincia allora a spostarsi tra Parigi e Il Cairo, e Joyce s’inizia alla cultura francese assimilandone la lingua da autodidatta. Nel ’53 pubblica a Parigi la sua prima raccolta di poesie, “Cris” attirando da subito l’attenzione dei surrealisti. Sarà l’inizio di una parabola creativa che si esaurirà soltanto nel 1986, allorquando la scrittrice angloegiziona muore per un tumore al seno.
Scrisse di lei Claude Courtot, membro del gruppo surrealista: “Avevo fatto la conoscenza di Joyce e di Breton nel 1964. Al caffè La promenade de Venus, lei si sedeva sulla panca in fondo alla sala, sotto il grande specchio, in modo da essere di fronte a Breton (…) chiedeva regolarmente del rum e fumava un sigaro enorme che, per uno strano contrasto, rendeva ancora più femminili i tratti del suo viso di bambola bruna dagli occhi attraenti come pozzi…”

SYLVIA PLATH, l'intervista immaginaria



Silvia Plath (Boston 1932-Londra 1963), poetessa americana di fama mondiale, è morta suicida a 30 anni dopo aver pubblicato un solo libro. Le rivolgo alcune domande molto personali, nella speranza di ottenere da lei, attraverso i suoi diari ( Adelphi) la possibilità di avvicinarmi un po' di più al suo mondo e alla sua poesia, tentando un gioco che non vuole essere come spiare dal buco della serratura l'esistenza altrui, ma un sincero e profondo desiderio di avvicinamento.
1- Le pesa la solitudine necessaria alla scrittura?
"Sto sempre ad ascoltare i passi su per le scale e li odio se non vengono da me. Perché, perché non posso diventare ascetica per un po', invece di stare sempre in bilico tra il desiderio di completa solitudine per scrivere e leggere e il desiderio grande, grande, di mani che gesticolano e parole di altri essere umani." 25-2-56
2- Come si confronta con gli altri scrittori?
" Oggi mamma mi ha scritto una lettera di massime utili; dapprima scettica come sempre, ho letto quel che ha colpito nel segno: - se ti paragoni agli altri , rischi di diventare vanitosa o amara, perché ci saranno sempre persone più o meno importanti di te…Al di là di una sana disciplina, sii buona con te stessa. Sei anche tu una creatura dell'universo come gli alberi e le stelle; hai tutto il diritto di essere qui.- Queste parole si sono rivolte pacificamente al mio cuore, come a commentare, gentilmente, la mia vita, i miei giorni." 25-2-56
3- Quanto è importante pubblicare per lei?
"…per me scrivere è una forma di vita: e scrivere non solo da un punto di vista pragmatico, rivolto al guadagno. Certo, considero la pubblicazione un riconoscimento di valore e una conferma di capacità - ma scrivere richiede esercizio, esercizio continuo." maggio 1952
" …scrivi ogni racconto, non per vederlo pubblicato, ma per diventare una scrittrice migliore - e, in quanto tale, più vicina alla pubblicazione." 9-8-1957
4- Cosa significa scrivere?
La scrittura è un rito religioso: è un ordine, una riforma, una rieducazione al riamore per gli altri e per il mondo come sono e come potrebbero essere. Una creazione che non svanisce come una giornata alla macchina da scrivere o in cattedra. La scrittura resta: va sola per il mondo. Tutti la leggono, vi reagiscono come si reagisce a una persona, a una filosofia, a una religione, a un fiore: può piacergli o meno. Può aiutarli o meno. La scrittura prova delle emozioni per dare intensità alla vita: offri di più, indaghi, chiedi, guardi, impari e modelli: ottieni di più; mostri, risposte, colore e forma, sapere. All'inizio è un atto gratuito. Se ti fa guadagnare, tanto meglio. All'inizio non lo fai per soldi. Non è per soldi che ti siedi alla macchina per scrivere. Non che non ti piacerebbe. E' così bello quando un mestiere ti paga da mangiare. Con la scrittura non si sa mai. Come vivere nell'insicurezza? E peggio ancora con il rischio ogni tanto di fallire o perdere la fede nella scrittura stessa. Come vivere con tutto questo? La cosa peggiore, peggiore di tutte, sarebbe vivere senza scrittura. 12-12-1958
5- Che cosa la spaventa davvero?
"La catena logica della mia paura funziona così: voglio scrivere racconti e un romanzo ed essere la moglie di Ted e la madre dei nostri figli. Voglio che Ted scriva come vuole e viva dove vuole e che sia mio marito e il padre dei nostri figli. Per adesso non riusciamo, e forse non ci riusciremo mai, a guadagnare da vivere come scrittori, ma è il mestiere che ci piace. Come riusciremo a fare soldi senza sacrificare energie e tempo e danneggiare il nostro lavoro? E ancora peggio: che succede se il nostro lavoro non è abbastanza buono? Ci mandano indietro delle cose. Il mondo in questo modo ci sta forse dicendo che non dovremmo affannarci a scrivere? Come facciamo a sapere se lavorando duro oggi e migliorando supereremo mai la mediocrità? Il mondo in questo modo si sta forse vendicando perché abbiamo voluto rischiare? Non lo sapremo finché non avremo lavorato, scritto. Niente ci garantisce che vinceremo un diploma di scrittura. Allora madri e bottegai avevano ragione? Non sarebbe stato più semplice risparmiarci questi interrogativi inquietanti, trovare un buon lavoro e assicurare un futuro ai piccoli? No, se non vogliamo amareggiarci tutta la vita. No, se non vogliamo sentirci frustrati: che grande scrittrice sarei stata, se solo. Se solo avessi avuto il fegato di provare a lavorare e a sopportare l'insicurezza provocata da tentativi e fatica."
12-12-1958


Il 19 febbraio 1959 Silvia Plath si chiede, nel diario: " Di che cosa ho paura? Di invecchiare e morire senza essere diventata Qualcuno?"
Il 16 ottobre del 1962 sembra aver trovato una risposta, e scrive: "Sono una scrittrice geniale; me lo sento. Sto scrivendo le poesie più belle di tutta la mia vita; mi renderanno famosa…"
Era così infatti, perché quell'autunno completò la sua raccolta più bella e famosa, intitolata "Ariel", ma questo lei non lo seppe mai, perché meno di quattro mesi dopo si suicidò.

ESPOSIZIONI



DONNE 2.0 
Sguardi contemporanei sul mondo femminile
mostra fotografica - Accademia di Belle Arti GALLI - Como
aprile 2012 

I Miei Primi Vent'Anni
1986-2006
(Fotografie di Alina Rizzi, stampate in bianco e nero manualmente, su pannello di legno, e caramelle)
 

Accademia Galli, Como   



TACCUINI d'artista
Esposizione collettiva - Ass. culturale LE ARIE DEL TEMPO
BIBLIOTECA BERIO, Sala Lignea, Genova
febbraio 2007
e poi
STEDELIKE AKADEMIE VOOR BEELDENDE VORMING
Harelbeke, Belgio
TU SEI UNO
di Alina Rizzi




Le Arie del Tempo



Alt! Il Corpo e' Mio
mostra

testimonianze delle artiste
nell'annno delle Signore 2008
(a cura di Donatella Airoldi e Mavi Ferrando)



Due opere di Alina Rizzi: collage su carta, ceralacca e collage su carta, fotografia.

Opere delle artiste:
Silvia Abbiezzi, Antonella Affronti, Anna Aurenghi, Roberta Barbieri, Clara Bartolini, Elisabetta Baudino, Giuliana Bellini, Rosetta Berardi, Luisa Bergamini, Natalia Berselli, Petra Bialas, Bicci, Maria Elena Borsato, Anna Boschi, Marina Buratti, Maria Amalia Cangiano, Marilù Cattaneo, Ada Celico, Silvia Cibaldi, Eleonora Cirant/Elisabetta Pagani, Emanuela Comparetti, Graziella Contessi, Marisa Cortese, Nicoletta Crocella, Caterina Davinio, Francesca De Lucia, Mirta De Simoni Lasta, Valeria Diamanti, Gabriella Di Trani, Fausta Dossi, Renata Galanti, Ornella Garbin, Maria Teresa Fata, Gretel Fehr, Giovanna Ferioli, Mavi Ferrando, Lupe Ficara, Monica Fiori, Giuditta Fontana, Eliana Frontini, Patrizia Gabriele, Silvana Gatta, Anna Rosa Faina Gavazzi, Sabrina Ghiri, Flavia Girardi, Helene Gritsch, Ornella Guazzetti, Kalamari, Marisa Keble, Jane Kennedy, Grazia Lavia, Patrizia Lonardi, Veronica Longo, Tania Lorandi, Marilena Maglio, Nadia Magnabosco, Marilde Magni, Silvia Majocchi, Maddalena Mauri, Elisa Mazza, Libera Mazzoleni, Maria Micozzi, Annalisa Mitrano, Patrizia Molinari, Sara Montani, Oriella Montin, Franca Munafò, Ester Negretti, Felice Alis Nusselein, Anna Olivares, Laura Oltolina, Jacqueline Orio, Daniela Pellegrini, Edy Persichelli, Miriam Piccicuto, Marilisa Pizzorno, Tiziana Priori, Antonella Prota Giurleo, Alina Rizzi, Serena Rossi, Lucrezia Ruggieri, Marina Sanchez, Evelina Schatz, Stefania Selmi, Gabi Summa, Micaela Tornaghi, Armanda Verdirame, Rosanna Veronesi, Maria Grazia Zanmarchi, Costanza Zappa


Galleria Quintocortile, Milano
9- 22 aprile 2008

Le opere sono anche pubblicate sul sito www.women.it/oltreluna



 WHERE I COME FROM

Mostra di taccuini d'artista organizzata nel mese di aprile 2008 dalla fondazione Andrè Demedtshuis, 
a Wielsbeke, Belgio.

Alina Rizzi partecipa col taccuino intitolato "Abito il mio tempo"







 LETTERE a Genova
 mostra

( "papiro" di Alina Rizzi )


LE ARIE DEL TEMPO
Associazione Culturale, via Lomellini 3/3, 16124, Genova, Italy
Tel: 00 39 0102468446 -
E-MAIL: info@leariedeltempo.it -
COMUNICATO STAMPA
 Lettere
A cura di Luisella Carretta, Marco Ercolani e Giuseppe Zuccarino.
Inaugurazione della mostra
6 marzo 2009 ore 17,00
con gli interventi di Stefano Bigazzi e Giuliano Galletta

presso la Sala Lignea della Biblioteca BERIO di Genova, Via Seminario,16 Italia

La mostra resterà aperta nei giorni feriali fino al 18 marzo 2009
dalle ore 16.00 alle 18.30.



In un’epoca in cui la corrispondenza tradizionale sembra in via di estinzione, sostituita da messaggi trasmessi solo per via telematica, e in cui pochi pensano ancora alla possibilità di scrivere una missiva a mano, può essere utile tornare a farlo, per una volta, in forma personale e inventiva. L’intento della mostra è quello di riportare l’attenzione sul genere «lettera», intesa come «frammento intimo», foglio sparso, appunto necessario a scandagliare l’animo umano con emozioni e pensieri pertinenti al processo creativo dell’artista. Scrive Rainer Maria Rilke a un’amica: «No, non lo faccio per lei, ma piuttosto per la “cosa”, per ciò che è il mio lavoro – finalmente in tutte le lettere c’è una traccia della sua intensità che vibra e si comunica; niente è perduto di ciò che ha vibrato una volta oltre un certo grado di intensità».
In collaborazione con:
Biblioteca Berio-Sezione di Conservazione e Ufficio Comunicazione Promozione Eventi
Culturali.
Copyright – Le Arie del Tempo 2009




LA PASSIONE PER IL DELITTO
 mostra

settima edizione
28 settembre - 12 ottobre 2008
VILLA GREPPI, Monticello Brianza (LC)

Libri e autori tra giallo e noir. Espongono alcune loro opere a tema: Gaetano Orazio, Keppel, Alina Rizzi, Umberto Torricelli, Sergio Schiavone. (Domenica 5 ottobre, Alina Rizzi legge il suo racconto OASI, vincitore del Premio Letterario Citta di Trieste 2007)
Dall'alto verso il basso, opere: "Baby Kalasnikow" (fotografia 2007), "Nicosia 2006" (collage su legno), "Amo la mia famiglia" (legno, piastrelle, oggetti).

 Dall'alto, opere: "Sposa" (polistirolo, tulle), "Sposa 2" (porcellana, lana, ceralacca, pizzo).




In Marcia per il Clima

7 Giugno 2008 - Milano
"UN SEGNO PER IL CLIMA"
a cura di SITART

tutte le immagini degli stendardi e della manifestazione su


Alina Rizzi e il suo stendardo "Prima che sia troppa plastica"





18 Marzo 2009
Giornata Mondiale dell'acqua
LEGAMBIENTE LOMBARDIA
in collaborazione con SITART
organizza

"Un segno per il clima"
Sai riconoscere l'acqua del rubinetto da quella in bottiglia?
In occasione della Giornata Mondiale dell'acqua Legambiente Lombardia, in collaborazione con MM (la società che gestisce l'acqua a Milano),
organizza giochi di degustazione per promuovere l'utilizzo dell'acqua pubblica.
L'evento si svolgerà: domenica 22 marzo 2009, dalle 10.00 alle 19.00
in Piazza Mercanti a Milano.
Saranno esposti i 40 stendardi creati da artisti italiani e stranieri coordinati da SITART e già esposti in occasione della marcia "Un segno per il cima"




COMO, 11 quadri e molte poesie

Libreria Punto Einuadi, COMO.

13 giugno 2008, h.20,30

Alina Rizzi presenta le sue poesie:

FROM MOGADOR (Dialogolibri 2008)
e
TU SEI UNO (Signum Edizioni d'Arte, 2007)
In esposizione anche 11 quadri dell'artista.
(Interviene la giornalista Katia Trinca Colonel)






 LETTURE A FUOCO LENTO 
mostra a Villa Greppi

Dall'11 al 20 aprile 2008 si è svolta a Villa Greppi (Monticello Brianza) la ressegna "LETTURE A FUOCO LENTO, cibo, libri e cultura alimentare". Hanno partecipato gli artisti Alina Rizzi, Livio Cazzaniga, Keppel, Paolo Menon, Gaetano Orazio, esponendo opere sul rapporto col il cibo, con la terra e l'acqua, sull'atto di nutrirsi.

Le 4 opere di Alina Rizzi, collage su legno, si intitolano:

CUORE VOTIVO
AUTORITRATTO
L'ANALISTA
NIENTE DI GRAVE.









CAMBIA DISCO

MOSTRA DI VINILI 2011

a cura di Marisa Cortese

CAMBIA DISCO
 
MOSTRA DI VINILI-33/45 giri 
Spazio espositivo: Villa Giulia - Pallanza VB
Vernissage: venerdì 11 marzo/ 2011-
Happening d’apertura dalle ore 17 alle 19.30
Finissage domenica 20 marzo ore18,30-20/ 2011 preceduto da un concerto a pagamento ore 16-18
Centoquaranta artisti tra locali e stranieri e più di duecento studenti, sia del territorio sia di altre scuole extraterritoriali si mettono in gioco con i linguaggi visivi più diversi elaborando un oggetto, il disco in vinile, icona degli anni 60/70, a dimostrazione che lo si può far rivivere nonostante sia ritenuto dai più quasi estinto. Gli si può ridare vita? La risposta viene dagli stati d’animo con cui sono stati elaborati e da quelli che suscitano in noi nell’osservarli: dal comico, al sociale, dal poetico fino al musicale che più gli appartiene….Nuove sperimentazioni e ricerche artistiche storicizzate dialogano tra loro nell’ambiente tra i più belli del Verbano: Villa Giulia.L’evento coniuga il “cosa” e il “dove”di memoria duchampiana, conferendo energia e dignità artistica ad oggetti, dai più considerati desueti e tecnologicamente arretrati, i quali rivivonoin un’atmosfera di eggerezza e bellezza.  
NUMERI: Opere arrivate 153 per 138 artisti , il 20% dal territorio,le altre sono pervenute da città e paesi italiani e stranieri, circa 85 diverse località; le più lontane:Venezuela, Thailandia, Oregon, Cina- ecc.
Opere arrivate dagli studenti 220 per complessive 15 classi di cui alcune fuori -del nostro territorio....
  
"Gira il mondo gira..." di Alina Rizzi 


DIRE FARE BACIARE

 confessioni femminili

VERNISSAGE 18 NOVEMBRE 2007 A COMO
presso Maspes Fiori e Piante

Alina Rizzi


(Collage su legno)







 
Mostra a Genova: FUOCO
giugno 2008 
 

Opera di Alina Rizzi: "Estate 2008" ( plastica, conchiglie, porcellana, tessuto)

Cari amici.
vi invito a visitare il sito delle Arie del Tempo
dove troverete la documentazione della mostra/evento
FUOCO/Luce ed energia dal solstizio d'estate
inoltre vi comunico che la mostra FUOCO sarà presente nella manifestazione internazionale SAF 08
 

venerdì 28 giugno 2013

DJUNA BARNES, autrice della notte


 
(“La foresta nella notte”, Adelphi, e “La passione”, Adelphi, di Djuna Barnes.)
Tempo fa, per caso, come quasi sempre mi accade coi libri delle donne, scoprii i racconti di Djuna Barnes intitolati “La passione”. Ricordo che mi colpì molto la musicalità delle parole, il ritmo dei testi, più che le storie narrate. Era una scrittura che si avvicinava molto alla poesia e che appariva di impianto prevalentemente autobiografico. C’era troppa passione, troppo coinvolgimento perché non immaginassi la scrittrice intenta a ripercorrere i propri vissuti, e quindi le proprie esperienze reali o oniriche che fossero. Comperai entusiasta il suo più celebre romanzo, “La foresta nella notte”, ma non lo aprii. Lo ritrovo ora, contagiata dall’entusiasmo dell’amica Francesca Mazzuccato, che ama molto quest’autrice americana.
In questo libro, come nei racconti, ritorna il linguaggio poetico, denso di metafore. La scrittura si fa ricca, opulenta, quasi incontenibile. L’autrice racconta accadimenti confusi e notturni, descrive personaggi folli e grotteschi, dipinge emozioni e stati d’animo travolgenti. Non c’è un vero inizio e una vera fine. I capitoli sono singoli racconti accomunati da personaggi che si perdono e si ritrovano più avanti o nel finale. E’ un libro scritto negli anni ’30, da una donna, e racconta della notte e dei suoi misteri, soprattutto nel capitolo intitolato “ Guardiano, com’è la notte?”, senza mitigare le emozioni più prepotenti o…sconvenienti. Le parole sono vere, brutali. La Barnes scrive “cesso“ e “merda”, come Henry Miller, come Anais Nin. Propone personaggi surreali e inquietanti fino a divenire oscura. Appare a tratti violenta e “maschile”, come celasse in sé un segreto rancore, il desiderio di un riscatto che rende le pagine taglienti e brutali. Eppure, descrivendo se stessa, rappresentata nel romanzo dal personaggio di Mara., parla di una donna appassionata e intensa, ma pronta a darsi e anche a sacrificarsi per amore. Una donna dunque più fragile, almeno apparentemente, di chi scrive. Ma forse è una caratteristica di alcune scrittrici “della passione”, quella di vedersi e raccontarsi fragili, sofferenti, deluse, dimenticando quanta forza occorra, invece, per scrivere di quei sentimenti e di quelle passioni, così misteriose e inquietanti.

ANAIS NIN & HENRY MILLER




                                                        LA PASSIONE CHE DIVORA
Siamo ancora capaci di vivere un'intensa storia d'amore, di lasciarci travolgere dai sentimenti, di perdere il controllo del cuore per immergerci nel delirio della passione? Di abbandonarci, come scriveva Montale recensendo "Un Amore" di Buzzati, a quel "sentimento amoroso che molti diranno patologico, ma che in realtà tutti gli uomini che non hanno gli occhi e il cuore foderato di una cotenna di lardo hanno almeno virtualmente provato" ?
Terra di incognite e tormenti, di brama e di esaltazione, la passione ha alimentato da sempre gli epistolari di poeti e scrittori che, immuni alla polvere del tempo, a noi giungono con tutta la carica poetica e sensuale che li generò.
Quelle che seguono, di Anais Nin ed Henry Miller, sono tratte dal volume "Storia di una passione" (Bompiani).


Clichy, 21 marzo 1932

Anais,
tutto quello che posso dire è che sono pazzo di te. Ho cercato di scrivere una lettera ma non ce l'ho fatta. Ti scrivo in continuazione - nella mia testa- e i giorni passano e mi chiedo che cosa penserai tu. Aspetto con impazienza di vederti. Martedì è troppo lontano. E non solo martedì - mi chiedo quando verrai e se passerai la notte con me. quando potrò averti per un bel po'? E' un tormento per me vederti solo poche ore, e poi dover rinunciare a te. Quando ti vedo, tutto quello che avrei voluto dirti se ne va in fumo - il tempo è così prezioso e le parole sono estranee. Ma tu mi rendi così felice perché posso finalmente parlarti. Amo la tua vivacità, i tuoi preparativi di fuga, le tue gambe come una morsa, il calore fra le tue cosce. Sì, Anais, voglio smascherarti. Sono troppo galante con te. Voglio guardarti a lungo e con ardore, toglierti gli indumenti, coccolarti, esaminarti. Lo sai che ti ho guardata appena? Sei rivestita ancora di una sacralità eccessiva.
La tua lettera, ah quegli svarioni! Mi fanno sorridere. E mi inducono anche ad adorarti. E' vero, non ti apprezzo abbastanza. Verissimo. Ma non ho mai detto che tu non apprezzi me. Devi esserci un errore, nel tuo inglese. Affermarlo sarebbe troppo egoistico da parte mia.
Anais, non so come dirti ciò che provo. Vivo in un perenne stato di attesa. Arrivi, e il tempo vola come in un sogno E' solo quando te ne vai, che mi rendo davvero conto della tua presenza. E allora è troppo tardi. Tu mi instupidisci.
Cerco di immaginarmi la tua vita a Louveciennes, ma non ci riesco. Walter Pach? Un ebbro sogno- e a parte questo non mi piace, non so dire perché. Il tuo libro? Anche questo sembra irreale. Soltanto quando tu arrivi e ti guardo, l'immagine si fa più chiara. Ma tu te ne vai così presto - non so che pensare. Sì, vedo con chiarezza la leggenda puskinniana. ti vedo con gli occhi della mente seduta su quel trono, gioielli attorno al collo, sandali, grandi anelli, unghie dipinte, strana voce spagnola intenta a vivere una sorta di menzogna che non è proprio una menzogna, piuttosto una fiaba.
Questa sera ha indossato i miei calzoni di velluto e mi sono accorto che sono macchiati. Ma in nessun modo riesco ad associare la macchia alla principessa di Louveciennes che tien corte con chitarristi, poeti, tenori e critici. Non ho fatto molti sforzi per togliere la macchia. Ti ho rivista entrare in bagno e appoggiare la testa sulla mia spalla. Non riesco a vederti intenta a scrivere An Unprofessional Study.
Tutto questo è un po' ebbro, Anais. Mi sto dicendo: "Ecco qui la prima donna con la quale posso essere assolutamente sincero." Ricordo che tu mi hai detto: "Potresti ingannarmi. E io non me ne renderei conto." Quando vado per i boulevard e ci penso - potrei ingannarti, sì, e mi piacerebbe farlo. Voglio dire che non posso mai essere completamente fedele - non è da me. Amo troppo le donne, o la vita - se le une o l'altra, non so. Ma tu ridi Anais, amo sentirti ridere. Tu sei l'unica donna che abbia il senso dell'allegria, una saggia tolleranza - semplicemente, dai l'impressione di spronarmi a tradirti. Ti amo per questo. E che cosa te lo fa fare - amore? Oh, è bello amare ed essere liberi allo stesso tempo.
Non so che aspettarmi da te, ma è qualcosa che ha del miracoloso. Intendo chiederti tutto, anche l'impossibile, perché tu mi incoraggi a farlo. Sei davvero forte. Mi piace persino il tuo inganno, il tuo tradimento. Mi sembra aristocratico. ( La parola "aristocratico" suona così male in bocca a me?)
Sì, Anais, pensavo come fare a tradirti, ma non ci riesco. Voglio te. Voglio spogliarti, involgarirti un tantino, ah non so quel che dico. Sono ubriaco perché tu non sei qui. Vorrei battere le mani e, voilà, ecco Anais. Voglio possederti, usarti. Voglio chiavarti, voglio insegnarti cose. No, non ti apprezzo, Dio me ne guardi! Forse voglio addirittura umiliarti un tantino - ma perché? perché? Perché non mi getto in ginocchio e mi limito ad adorarti? Non posso. Ti amo in allegria.
Questo ti va?
E, cara Anais, io sono tante cose. Tu ora vedi solo quelle buone - o, perlomeno, tu mi persuadi a crederlo. Ti voglio per un'intera giornata almeno. Voglio andare in giro con te, voglio possederti. Non sai quanto insaziabile io sia. O quanto vile. E quanto egoista!
Con te mi sono comportato sempre tutto ammodino. Ma ti avverto, non sono un angelo. Penso soprattutto di essere un po' sbronzo. Ti amo. Adesso vado a letto - mi costa troppa fatica restare sveglio. Ti amo. Sono insaziabile. Ti chiederò di fare l'impossibile. Che cosa sia, non lo so. Probabilmente tu me lo dirai. Sei più svelta di me. Amo la tua fica, Anais - mi fa impazzire. E il modo con cui pronunci il mio nome! Buon Dio, è irreale. Senti, sono proprio sbronzo. Mi fa male essere qui solo. Ho bisogno di te. Posso dirti qualsiasi cosa? Posso, sì? Vieni al più presto e chiavami. Godi con me. Serrami tra le tue cosce, riscaldami.
Henry

Louveciennes, 11 giugno 1932

(Henry,)
Cose che ho dimenticato di dirti: il quena è uno strumento simile a un flauto usato dagli indios sudamericani. E' fatto di ossa umane. Deve la sua origine all'adorazione che un indio nutriva per l'amata, e quando lei morì egli costruì un flauto con le sue ossa. Ha un suono più penetrante dei soliti flauti.
Che ti amo, e che quando mi sveglio al mattino uso la mia intelligenza per scoprire altri modi di apprezzarti.
Che quando torna June lei ti amerà di più perché io ti ho amato. Sono nuovi lauri sulla tua già coronatissima testa.
Che ti amo.
Che ti amo.
Che ti amo.
Sono diventata un'idiota proprio come Gertrude Stein. E' questo che l'amore combina alle donne intelligenti. Non sono più neanche capace di scrivere lettere.
Anais

Achensee, 5 agosto 1932

Henry,
amor mio, fai a pezzi la lettera che ti ho spedito ieri. Tra due carezze di Hugh, ti bramo disperatamente. Bramo la tua forza e la tua dolcezza, le tue mani, ogni cosa di te, e non so più quelle che ricordo e quelle che desidero. Ma mi fa impazzire immaginare, sentire o mettere per iscritto tutto questo con il volto di Hugh costantemente interposto tra me e la carta - "Fiorellino mio, che cosa stai scrivendo? A che cosa stai pensando? - Il suo trucco è di chiedermi ogni ora o giù di lì: "Mi ami?" Tutto questo mi tormenta e mi paralizza. Questa notte ho sognato che tornavo - forse ti piacerebbe venire a Louveciennes. Sarò sola in casa. Henry, Henry, ricordo ogni cosa - la giornata nei boschi, e la notte a Clichy, e il tosaerba. (Non importa quel che tu hai detto quella notte. Voglio che tu abbia da me l'esperienza di essere amato.)
Anais

Achensee, 6 agosto 1932
Oh Henry, sono rimasta così sconvolta dalla tua lettera, stamane. Quando l'ho ricevuta, tutti i sentimenti artificialmente repressi mi hanno travolto. Il semplice tocco della lettera è stato come se tu mi avessi preso tra le braccia, e adesso puoi capire che cosa ho provato leggendola. Hai detto tutto quanto poteva toccarmi e ero bagnata e a tal punto impaziente che farò di tutto per guadagnare una giornata.
Il biglietto che ti accludo, che ti ho scritto ieri sera due ore dopo averti spedito la mia lettera, ti aiuterà a capire quel che succede. Comunque, dovresti aver ricevuto il telegramma circa allo stesso tempo. Io ti appartengo! Avremo una settimana come mai ce la siamo sognata. "Il termometro scoppierà!" Voglio sentire ancora il tumultuoso pulsare dentro di me, il sangue impetuoso, ardente, il lento, carezzevole ritmo e l'improvvisa, violenta spinta, la frenesia delle pause quando odo il suono della pioggia…e come mi sussulta nella bocca, Henry. Oh, Henry, non riesco a sopportare di scriverti - ti voglio disperatamente, voglio spalancarti le gambe, mi sciolgo e palpito. Voglio fare con te cose talmente pazzesche che non so come dirle.
Hugo mi sta chiamando. Risponderò al resto della lettera questa sera.
Anais