“ Si scrive ciò che si sente e si vive. Si scrive con tutto il proprio essere. E’ la sola maniera di essere onesti, di essere se stessi”.

Ivy Compton-Burnett

lunedì 11 aprile 2016

GRANDI CLASSICI, L'AMANTE di MARGUERITE DURAS


Giovedì 18 febbraio alle 21.00 presso la Biblioteca di Lurago d'Erba (via Roma 56) ALINA RIZZI Alina Rizzi RACCONTA "L'AMANTE" DI MARGUERITE DURAS. Quinto appuntamento del ciclo di incontri "CLASSICI DELLA LETTERATURA RACCONTATI DAGLI SCRITTORI", organizzato da Biblioteca - Comune di Lurago d'Erba in collaborazione con la Libreria Torriani di Canzo. Vi aspettiamo!




Del tuo libro, PELLE DI DONNA...

Lettera di Anna Santoro, che ringrazio di cuore.



Ho letto il tuo libro e capisco la tua delusione per il silenzio.Siamo in una situazione orrenda. L’editoria e il mondo che la circonda è sempre più preso da meccanismi che poco hanno a che fare con cultura, autenticità, passione. Il tuo lavoro sulla violenza sulle donne è troppo poco “scandaloso”  (come certe trasmissioni tv):  racconta cose tanto conosciute (ma questo credo che tu lo sapessi quando ti ci sei dedicata)  che hanno quasi perso peso e gravità. Di certo interesse per  vendite o recensioni. Un poco come le immagini di morti, di bambini nel  fango, di corpi nel mare, che oramai destano, se lo fanno, solo una vaga pietà. Franzen scrisse proprio sull’appropriazione – e banalizzazione, aggiungo – da parte dei mezzi di comunicazione, di
ogni denuncia o svelamento. Si può andare oltre solo con la poesia, la creatività, la narrazione, ma  la poesia e la narrazione (fatta da un altro punto di vista di quello consueto) anche  interessano poco. E a pochi.
Eppure il tuo libro mi ha turbato, e non solo perché sei un’amica e una poeta e una “imprenditrice di cultura” che mi è cara, e dunque ho letto con particolare attenzione, ma perché possiede la grande dote di provocare, come dovrebbe fare ogni opera, la “messa in discussione” (si diceva una volta) di chi legge.  Leggere è essere letti, e ciò avviene quando chi legge sa che  l’incontro è tra il sé e l‘altro, la relazione è a doppio senso. Così, la cosa che ho trovato davvero interessante, è che con questo tuo lavoro rappresenti in maniera evidente ciò che noi magari già sappiamo ma di cui parliamo poco, ci giriamo intorno. Sulla violenza maschile, l’ho scritto tante volte, sono gli stessi  uomini a doversi interrogare, ma è sulla cultura femminile, mi
correggo: sulla cultura introiettata da tante donne, che questo libro ci obbliga a lavorare. E sulla cultura, mi correggo ancora: sul modo di fare cultura, di tante intellettuali. Questi racconti, che riguardano storie di vari ceti sociali, differenti culture e vissuti, in modo scarno e semplice ci rappresentano donne che mi piacerebbe reputare “fuori tempo”. E che purtroppo tante reputano fuori dallo spazio di interesse. La TV e i mezzi di comunicazione, lo sappiamo, insistono a parlare di “troppo amore”, di “raptus”, e simili, ma qui mi colpisce che alcune dicano: mi sono innamorata di lui e poi è diventato violento. Oppure: dopo le prime volte ho ritenuto che potesse cambiare. Oppure: accettavo la violenza perché bambina, a volte fraintendendo, eccetera…
Come si arriva alle migliaia, o ai milioni, di donne,  così indifese? Cosa possiamo fare, oltre che  contro la violenza, contro la cultura debole che ancora è radicata? Cosa dobbiamo PRETENDERE  dalle giovani che incontriamo a scuola, o dalle figlie di amici/che ancora così lontane e ignare dei tragitti che abbiamo fatto? E non lo dico per gloriarmi della nostra presunta maggiore conoscenza e coscienza, ma perché è inaccettabile che non sia il nostro primo pensiero. Ecco, il tuo libro è importante, il tuo lavoro è importante e sono felicissima di avere avuto l’occasione di  leggere. Mi ha fato rrflettere su ciò che, ripeto, magri sapevo, ma non in modo tanto vivo e coinvolgente.

Un grande abbraccio.

Anna

PELLE DI DONNA

Presentazione marzo 2016
Biblioteca Comunale di Lambrugo 




Presentazione e intervista di Angela Marone.
Questa sera, insieme ad Alina Rizzi, che ringraziamo di cuore per essere qui con noi, e al suo libro “Pelle di Donna”, affronteremo una sorta di viaggio attraverso i racconti di vita di molte donne coraggiose, vittime proprio di quella carica d'amore di cui parlavo prima, che può trasformarsi improvvisamente in un'arma letale, facendole precipitare nel più buio degli abissi ma che poi alla fine, è l'unica forza in grado di salvarle. Perchè per me questo libro è proprio questo: una raccolta di racconti “d'amore”. Amore inteso in tutte le sue molteplici sfaccettature e complessità...anche inteso nella sua accezione negativa come assenza d'amore, o come idea dell'amore (giusta o sbagliata che sia), di riscatto, di amore per se stessi o all'opposto mancanza d'amore verso gli altri o verso se stessi.
1)   E' cosi Alina?
Sì, penso si possa parlare di amore, anche in quei casi in cui il sentimento è malato, deforme e pericoloso. Tanti atti violenti, purtroppo, vengono compiuti in nome di un amore che in realtà è malattia, distorsione di sentimenti confusi.
2.      Parlaci della scelta del titolo “Pelle di Donna”. A me sembra che racchiuda in sé tutto il contenuto del libro. E' stata una scelta molto meditata?
In realtà no. Il titolo è nato insieme al progetto del libro, da subito. Queste sono storie vissute sulla propria pelle, che lasciano il segno nelle protagoniste e non solo. Ma a ben guardare forse la pelle di tutte le donne è segnata da cicatrici che hanno a che fare con la violenza maschile, pur espressa in modi diversi. Le donne inoltre, come è evidente ancora oggi, pagano con la propria pelle il diritto ad essere libere. Lo hanno fatto nei primi del 900, per ottenere il diritto di voto, ma lo fanno ancora oggi, per ottenere la stessa libertà degli uomini. Che non è solo quella di votare, lavorare, entrare in politica, anche se si tratta di conquiste fondamentali e importantissime, ma anche la libertà di dire NO. No perché non vogliono, no perché hanno cambiato idea, no perché hanno nuovi progetti. La libertà di esercitare il proprio diritto di persone libere senza doversi necessariamente giustificare.
3.      Quelle raccontate nel libro sono storie vere, testimonianze pure, fedeli trascrizioni di interviste a te rilasciate, non rimaneggiate. Quanto è difficile per una scrittrice provare a far passare “un messaggio” che è proprio, attraverso le voci di altri?
Per me non è stato difficile, perché da sempre lavoro su temi che riguardano le donne e la libertà delle donne. Ho scelto io di occuparmi di questi argomenti e si è creata subito una grande empatia con le protagoniste delle storie, intervistate all’inizio per alcune riviste femminili. L’empatia è fondamentale per fare questo mestiere: non credo si possa raccontare la storia di qualcuno di cui non condividiamo in qualche modo le emozioni.
4.      Il sottotitolo “Storie di ordinaria sopravvivenza femminile” è a mio avviso, una sorta di messaggio d'allerta per tutte le donne, esortandoci a pensare che non sono storie poi da noi cosi lontane. Possono capitare a chiunque anche se può sembrare impossibile?
Il sottotitolo è nato come riassunto di ciò che il libro conteneva. Non è un prodotto dell’editore, che infatti non l’ha messo in copertina per problemi di grafica, e che invece io avrei molto voluto. Ordinaria sopravvivenza significa che queste storie non sono uniche e rare, purtroppo, ma riguardano il quotidiano di tutte noi. Una donna ogni tre giorni viene aggredita da un uomo, con conseguenze a volte tragiche. Quindi non si tratta di fatti isolati ma della vita di ogni giorno. Questi fatti possono riguardare qualunque donna, come emerge dal libro: donne fragili, emarginate, bisognose, ma anche donne forti, determinate, in carriera. Mogli e madri, ragazzine. Nessuna di noi è al sicure, se ci pensate. Bisogna imparare a fare attenzione,sempre, alle persone con cui condividiamo la vita.
5.      Nella premessa tu dici che raccontare il coraggio di queste donne può rendere ogni donna maltrattata più forte e determinata a cambiare la propria vita. In che modo?
Le donne protagoniste di queste storie si sono salvate, ce l’hanno fatta a liberarsi, a tornare a vivere nel mondo, ad amare, lavorare, costruire i proprio personali obiettivi. Questo significa che si può uscire da una situazione di vessazione e violenza. Non è facile, certo, ed è doloroso e ci vuole tempo. Ma si può e si deve chiedere aiuto, invece di isolarsi, spesso per vergogna. Bisogna lottare per la propria vita ma anche per la propria libertà. Le donne che ho intervistate ce lo raccontano e lo ribadiscono: mai arrendersi. La forza che hanno acquistato ora, che non prescinde dal dolore che marchierà per sempre la loro pelle, è anche per le altre. Non a caso, quasi tutte, dopo le violenze subite, dopo esserne uscite, ora desiderano aiutare altre donne.
6.      Quale è la testimonianza che più ti ha commosso? Ti andrebbe di leggercela?
La verità è che la maggior parte di queste storie, forse tutte, sono davvero commoventi e io che ho raccolto direttamente le testimonianze, i ricordi, i dolori e le lacrime di queste donne ne sono stata molto coinvolta. Vorrei leggervi però la storia di Malanova, la prima del libro, perché è la storia di una ragazzina di quattordici anni, in un paese del sud d’Italia, che aveva progetti normali, sani, vitali e speranze e sogni come tutte le sue coetanee. E invece è finita tra le grinfie di un branco di uomini, giovani e adulti, che hanno fatto scempio del suo corpo e dei suoi sentimenti. L’hanno usato come un oggetto, incuranti del suo dolore e della paura. E quando dopo due anni si sono stancati hanno pretese che gli consegnasse la sorellina minore. Ma Anna Maria a quel punto ha ritrovato tutta la sua forza: per salvare la sorella ha salvato anche se stessa. E ha detto basta, ha denunciato nonostante le minacce di morte, e le ingiurie dell’intero paese che, per difendere i suoi uomini, le ha fatto la guerra. Sono trascorsi anni ma Anna Maria oggi è una donna nuova, consapevole, che può ridere e vivere la propria vita.
7.      C'è una domanda ricorrente che sfiora la mente di molte di queste donne quando vivono questi incubi ad occhi aperti : “E' stata colpa mia?” Quanto pesa il giudizio o pregiudizio degli altri sulle vita delle donne?
Per alcune donne il giudizio degli altri è ancora molto importante. Le donne sono state cresciute sentendosi in qualche modo meno dei maschi e quindi costrette a fare di più per ottenere lo stesso rispetto e considerazione. Se qualcosa non funziona, le donne tendono a riflettere su se stesse prima di tutto, per capire cosa possono fare per migliorare le cose. Sono introspettive, lo sappiamo, si giudicano prima di giudicare. Poi ovviamente esiste il pregiudizio degli altri che indica come dovrebbe essere una donna secondo canoni che non esistono più ma che resistono nel tempo, perché radicati in millenni di storia.
8.      Insicurezza e inadeguatezza: sono stati d'animo diffusi tra le donne di oggi? Da cosa dipende e quanto influenza le relazioni interpersonali?
Come dicevo, si tratta di un retaggio culturale: le donne sono state considerate così a lungo deboli e inadeguate che hanno raccolto in sé una valanga di insicurezze. Non è facile sradicarle: quello che a noi sembra un tempo lungo: gli ultimi 70 anni per esempio, storicamente sono un attimo. Quindi c’è molta strada ancora da fare. Ma se nelle famiglie ci fosse l’impegno autentico di scardinare queste antiche credenze, forse le cose cambierebbero più in fretta.  Cedo sia fondamentale che in famiglia gli uomini siano i primi a rispettare le donne e difenderle e stimare. E invece, come vediamo, è proprio lì che nascono i problemi.
9.      Botox, depilazione, liposuzione. Ma anche lacrime ed empatia. Una vera rivoluzione...per lui. Non solo nel guardaroba. Un fenomeno che sta cambiando il maschio. In meglio? Gli uomini del futuro si sentiranno meno diversi dalla donne e quindi smetteranno di fare loro del male?
Questo io non lo so. Personalmente non credo che femminilizzandosi un uomo possa capire meglio le donne. Non credo così importante un lavoro sul fisico quanto sull’interiorità. Agli uomini nessuno chiede mai di essere più magri, più belli, più levigati. Agli uomini le donne chiedono di essere più attenti, comprensivi e di coltivare l’empatia. Ciò di stare un po’ di più all’interno di sé e dei rapporti e un po’ meno fuori, come succede da sempre.
10.  Se potessi lanciare un messaggio a tutte le donne, cosa vorresti dire loro?
Quello che dico da sempre: di creder ein se stesse, di lottare per se stesse, per costruirsi una vita che le appaghi e che dia senso ai giorni, alle difficoltà, alla fatica. Di smetterla di mettere davanti a sé sempre qualcun altro. Prima occorre salvare se stessi e mi pare un gesto intelligente oltre che un diritto. Provate a pensare alle istruzioni che danno sugli aerei in caso di grossi problemi: primo infilarsi la maschera dell’ossigeno e poi aiutare gli altri. Non il contrario. Perché se si sta soffocando, non si può aiutare proprio nessuno e il sacrificio non porta a niente.
11.  Nel racconto dal titolo “reclusa”, a raccontare di se è la moglie incinta di un carabiniere violento che la isola da tutti e da tutto. Alla fine di ogni sopruso, lui riesce sempre ad impietosirla e lei che lo ama lo perdona. E' stato poi l'amore per sua figlia a salvarla. Mi ha colpito il fatto che durante il racconto dica di nutrire una forte passione per la scrittura e che da sempre scrive diari. Quanto credi che questo possa averla resa cosciente della orrenda situazione in cui è venuta a trovarsi?
Conoscendola, direi che per eleonora la scrittura è stata salvifica. Lei amava scrivere da sempre, ma nel momento in cui il marito le ha tagliato tutti i ponti con l’esterno, famigliari e amici compresi e si è ritrovata sola in una casa isolata senza poter chiedere aiuto, la scrittura è stato un modo per rimanere agganciata alla realtà, per non perdersi.
Scrivere può essere una via di salvezza?
Può esserlo sì. La scrittura aiuta a fare ordine nella confusione dei pensieri, a stabilire delle priorità, a spostare l’attenzione. Può essere un modo per non sentirsi soli, per sfogare in modo non violento la propria rabbia, per riflettere più approfonditamente. Non è un caso che venga consigliata per superare le difficoltà nei reparti oncologici degli ospedali, o nei trattamenti con l’anoressia.
12.  E' per questo che tieni corsi di scrittura autobiografica? Noi abbiamo voluto ospitare uno qui in biblioteca. Come è strutturato?
Sì è per questo. Io credo nel valore terapeutica della scrittura e mi piace condividere le mie riflessioni. Nel corso prenderemo ad esempio i diari di grandi scrittrici e li useremo come spunto per raccontare di noi. Non è necessario saper scrivere bene, non si tratta di un corso di scrittura creativa. Faremo degli esercizi per ritrovare i ricordi, le sensazioni del passato e del presente e per imparare a raccontarli su un quaderno. E’ un processo creativo che mette in moto tante emozioni e idee nuove, considerazioni, progetti.
13.  La versione curriculare della vita di Alina è questa:
Alina Rizzi è nata a Erba (CO). Giornalista pubblicista dal 1991, si dedica da sempre a realizzare iniziative rivolte alla valorizzazione del mondo femminile. Attualmente collabora col settimanale F e il mensile Natural (Cairo Editore). Ha vinto premi letterari e pubblicato in diverse antologie.Ha lavorato per le Case Editrici Mariotti, De Agostini, De Vecchi, Lietocolle. Diplomata in arteterapia nel 2011, tiene corsi di scrittura autobiografica e laboratori artistici.Quale è invece la versione emozionale della vita di Alina?
Un gran caos, in realtà. Che metto in ordine quotidianamente con la scrittura, nei miei diari personali e nei racconti. Scrivo per necessità, perché mi fa stare meglio, mi aiuta a trovare la calma e spesso le risposte. Se sto molto male non scrivo, aspetto che passi la bufera. Quello che mi interessa, scrivendo e vivendo, è scoprire qualcosa di nuovo ogni giorno, fare esperienza, allargare gli orizzonti. E dire quello che scopro anche se è scomodo, non per erigermi a paladina della giustizia, ma per dar voce a chi non ne ha.
14.  Il tuo blog,che consiglio a tutti di visitare, si chiama Costruzioni Variabili. Cosa sono queste costruzioni e perchè variabili?
Costruzioni variabile sono le cose che metto nel blog: riguardano i libri che leggo, quello che scrivo, le scrittrici che amo, la poesia, i paesaggi che scopro, le persone, i luoghi. Il filo conduttore può variare e passare dall’erotismo, all’arte, alla violenza sulle donne. Mi piace sentirmi libera di spaziare, almeno su un blog!
15.  Sulla homepage compare questa citazione: Si scrive ciò che si sente e si vive. Si scrive con tutto il proprio essere. E' la sola maniera di essere onesti, di essere se stessi. Tu sei questo quando scrivi?
Sì, è per questo che scrivo poco. E’ molto impegnativo e faticoso. Scrivere cose che non mi coinvolgono, che non trovo interessanti o importanti è fatica sprecata. Ci rinuncio subito. Non c’è bisogno di altra aria fritta, meglio risparmiare la carta e gli alberi.
16.  Alina tu scrivi di donne, ti occupi delle loro storie, sei impegnata a 360 gradi a favore delle donne. Perchè senti cosi forte il bisogno di abbracciare questa causa?
Perché sono una donna. Perché alla fine degli anni 60, quando sono nata io, per le donne c’erano ancora poche possibilità di liberarsi dai condizionamenti precedenti: il matrimonio, la casa i figli. Ho dovuto lottare per tirarmi fuori da questi schemi, che dipendono ovviamente anche dall’ambiente in cui si nasce e si vive. Vorrei che le donne crescessero con una scala di valori e di priorità diverse da quelle che credevo di dover avere io.
17.  Tu sei anche un'artista. Lo scorso anno abbiamo avuto qui la tua visual art. Oggi la bellissima Coperta delle Donne. Che cosa è e come nasce questo progetto artistico?
Nasce dal mio desiderio di riunire le donne per progetti comuni. Di fare rete, di unire le forze. Ho curato diverse antologie di poesia e scrittura femminile ma essendo una grande appassionata d’arte moderna, avevo voglia di spaziare in altri ambiti, come dicevo prima, di permettermi costruzioni variabili. E anche di sdoganare il lavoro fatto con fili e tessuti come lavoro femminile di importanza minore. In realtà  nei paesi del nord Europa esistono musei di fiber art, e riuniscono sia artisti donne che uomini. Da noi, in Italia, non c’è vero interesse, invece. Ho voluto azzardare un progetto che unisse pratiche comunque femminili (come il cucito, il ricamo, la maglia) all’arte, che è espressione di un pensiero. Quindi ho coinvolto per prime artiste molto serie e impegnate e poi, col tempo, ho allargato la partecipazione anche a chi non aveva un curriculum artistico, ma una gran voglia di lasciare un messaggio nella coperta. E ognuna si è espressa come voleva, con risultati davvero sorprendenti e spesso di grande qualità.

LA COPERTA DELLE DONNE

Palazzo Comunale di Lambrugo (CO)
12 marzo 2016