Nomi e luoghi sono stati cambiati per rispetto delle vittime e dei parenti.
OLTRE IL
FEMMINICIDIO:
MIA FIGLIA E
IL MIO NIPOTINO UCCISI INSIEME
Di Alina Rizzi
Sarebbe stato il mio primo
nipotino, il figlio della mia Barbara. Quando l’ho avuto tra le braccia, paffuto
e dolce come un angelo, ho subito deciso
che lo avrei vestito con gli abiti e la cuffietta bianca che io e sua mamma da
mesi avevamo comperato per lui.
Era bellissimo, pareva dormire, con
gli occhi chiusi e la boccuccia imbronciata. Per questo ho deciso di
fotografarlo e di mandare il suo ritratto a chi conosceva e amava Barbara..
Doveva essere ben chiaro che quel
porco di suo padre non aveva ucciso solo mia figlia, ma anche il bambino che
portava in grembo.
ADESSO STARANNO SEMPRE INSIEME
A me non importa se per la legge
dello stato italiano mio nipote, non essendo mai nato, perché morto nella
pancia di sua madre al nono mese di gravidanza, debba essere definito “feto”.
E’ un cavillo legale indegno. Basta guardarlo questo bambino, che il medico ha
prelevato dalla pancia della mia Barbara durante l’autopsia, per rendersi conto
che di lì a pochi giorni sarebbe nato come previsto. Invece lui me li hanno portati via entrambi
quella notte maledetta e nel modo più cruento e immondo.
Gennaro non voleva che mia figlia
tenesse quel bambino, di cui era il padre, perché era già sposato. Aveva
cercato di convincere Barbara nei primi mesi, ma non ci era riuscito. Mia
figlia, nonostante avesse solo 20 anni, era caparbia e determinata: voleva il
suo bambino e con l’aiuto mio e di mio marito ce l’avrebbe fatta.
Barbara infatti stava bene, era
serena, non le facevo mancare nulla.
Andavamo insieme alle visite
ecografiche di controllo, e poi a comprare i mobili per arredare la sua
cameretta, la carrozzina, l’ovetto da mettere in auto. Avevamo preso tanti
vestitini, che Barbara aveva già lavato e stirato, e messi nel cassetto ben
divisi per taglie: sarebbero bastati per almeno due anni.
Ma Barbara e suo figlio sono morti
prima di potersi godere quel nido d’amore che avevamo preparato insieme.
Quell’uomo, che non chiamo bestia per non offendere gli animali, me l’ha
massacrata.
Le ha dato un appuntamento dopo che
non si faceva più sentire da mesi. Voleva parlarle, aveva detto al telefono, ma
non in casa mia. E Barbara gli ha creduto. Sperava sempre di poter sistemare
per il meglio ogni cosa.
-
Esco solo un’oretta, mamma, stai tranquilla, – mi aveva
detto quella sera.
Ed era andata serenamente.
Le aveva dato appuntamento al campo
sportivo e questo non mi piaceva proprio, ma non potevo oppormi. Barbara è
uscita di casa con un giubbettino strizzato sul suo pancione di nove mesi e non
ha più fatto ritorno.
Il padre del suo bambino la stava
aspettando e l’ha portata a prendere un gelato in centro.
Avranno chiacchierato, immagino io,
lei avrà sperato in un suo ripensamento, forse. Certo non poteva immaginare che
presto avrebbe fermato l’auto dietro un benzinaio, per litigare in un luogo
appartato. Sono scesi dall’auto. Mi hanno detto che Barbara è scappata nei
campi, ma lui l’ha raggiunta subito.
NON HA POTUTO DIFENDERSI
L’ha trascinata nel terreno dove
erano state scavate delle buche per piantare le magnolie, e ce l’ha spinta
dentro. L’ha picchiata. Lei era distesa supina, hanno spiegato gli
investigatori. Quindi l’uomo ha preso a calci il suo pancione e quando Barbara
si è girata per proteggersi le ha spinto la testa nel fango per soffocarla. Ma
non gli bastava. Le è saltato sulla schiena con i suoi 90 kg di peso, per spezzarla
nel corpo come nell’anima. Barbara è rimasta immobile, mentre lui le buttava
sopra foglie e rami per nasconderla. Con la schiena rotta non ha più potuto
alzarsi o muoversi. Ha dovuto ingoiare l’acqua melmosa e il fango, mentre
sicuramente ha sentito la morte arrivare. Non ha potuto difendersi né
proteggere il suo bimbo. Quale dolore più grande può esserci per una mamma?
Ho disteso il mio nipotino tra le
braccia della mia Barbara, nella bara bianca che li ha accolti. Ora staranno
per sempre insieme. E non voglio più sentire quelle accuse assurde: hanno detto
che io ho voluto spettacolarizzare la morte del piccolo vestendolo come un
neonato, ma non è vero! Lui era un bambino a tutti gli effetti e sarebbe nato
sano e bellissimo se non fosse stato massacrato di colpi da suo padre. Quel
porco meritava di essere condannato per duplice omicidio ma mio nipote non é
stato considerato un essere umano, perché non ancora nato. E allora gli hanno
dato 30 anni, che non sono niente in cambio delle nostre vite distrutte.
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