Nel 1857 uscì in
Francia “Madame Bovary”
di Gustav Flaubert. Il romanzo venne
processato per oltraggio alla morale.
Non capiterà questa disavventura
a Alina Rizzi per “Come Bovary.
Diario di un’adultera”.
I tempi sono cambiati.
La storia di una donna con le sue frustrazioni
e degradazioni (e anche con il
suo romanticismo, nutrito di
illusioni) si svolge tra il
marito e l’amante, Emilio e
Lorenzo, due maschi che vivono il loro
ruolo senza complicazioni. C’è
anche un altro, di nome Vittorio, ma
ha meno importanza.
Tra di loro (due, tre, oppure centomila)
ecco la protagonista, giovane,
bella, che accetta ciò che è
stabilito da sempre:
diventare un oggetto,
credendo di riuscire a decidere il proprio
destino.
Per lei, l’amore, con la maiuscola,
sembrerebbe determinare le azioni ma
invece si tratta di necessità
fisiche identiche a quelle del
marito o dell’amante, o
dell’umanità in genere.
La scrittura di Alina Rizzi segue il
ritmo dei corpi, annota reazioni e
sensazioni ma coglie anche le
stagioni, i mutamenti del
cielo, un fiore in un vaso, il ricordo
di un odore. E’ un libro che ondeggia
da un capitolo al successivo, non contano
troppo le precisazioni erotiche ma
invece la solitudine, la
malinconia. Esse restano in
mente dopo la lettura.
E infatti, attraverso quel disagio femminile,
la protagonista può riscattarsi
suo malgrado, riflettere su
se stessa e forse dare un
senso alla propria vita.
Milena Milani
Albisola venerdi 14 ottobre 2005
Dal quotidiano "LA PROVINCIA " di Como, 6 aprile 2007
Indossa i colori dell’Africa
dalla quale è appena tornata, Alina Rizzi,
quando siede al tavolino del caffè per
rispondere alle domande de La Provincia. La
sua voce è un gioco piacevole di toni
profondi e vivaci e l’intervista, si trasforma
presto in una chiacchierata piena di
sorprese.
Scrittrice erbese, 40 anni appena compiuti,
la Rizzi ha saputo attirare l’attenzione
di pubblico e critica fin dal 1998 con il romanzo
“Amare Leon” (edizioni Borelli),
un successo da 30 mila copie dal quale nel 2005
il regista Tinto Brass ha tratto la
sceneggiatura del film “Mon amour”.
Suo è anche il libro di racconti “Ritratti”
e il secondo romanzo “Donne di cuori”
(edizione Lietocolle), dove la voce femminile
appare sempre protagonista di un mondo sospeso
tra desiderio e realtà. Del 2002 è
la composizioni poetica “Rossofuoco”
(edizione limitata), seguita da “Il frutto
sillabato” ( Dialogolibri, 2004). Con
i romanzi “Passione sospesa”
(edizioniBorelli) e “Come Bovary”
(TravenBooks) compone una trilogia
della passione amorosa che non si
esaurisce in una descrizione oggettiva dei
fatti, ma indaga un vissuto interiore denso
di contraddizioni.
Ed è proprio questa curiosità per il
mondo femminile la spinta dei racconti
di Alina Rizzi.
Il suo sito www.segniesensi.it è interamente
dedicato alle donne scrittrici, e anche nei
suoi libri le donne sono sempre protagoniste.
Da cosa nasce questo riferimento costante?
«Mi è sempre sembrata la cosa più
naturale. Ho iniziato a scrivere da ragazzina,
perchè come donna avvertivo la necessità
di ritagliarmi uno spazio di libertà
assoluta. Le parole per me sono sempre state
uno strumento istintivo. Le ho utilizzate per
allontanarmi dal mondo forse un po’
stretto della realtà erbese e sono
riuscita a “viaggiare” pur rimanendo
affezionata a questi luoghi. Tuttora
fatico a scrivere su commissione e
non ho mai pensato alle parole come a
qualcosa di definitivo, piuttosto come
a espressioni della confusione, della felicità
o del dolore. Nella scrittura sono sempre partita
dalle cose che conoscevo meglio, e ho scoperto
che volevo approfondirle ancora di
più. Il mondo femminile è per certi
versi ancora sconosciuto. Le donne
sono entrate nella scrittura in
ritardo rispetto agli uomini, riuscendo
comunque ad esprimere un potenziale di idee
ed emozioni senza precedenti, pensiamo a Marguerite
Duras, Marguerite Yourcenar, ma anche alle
poetesse Sylvia Plath e Anne Sexton.
Per questo il mio lavoro tutt’ora è
rivolto a loro».
Spesso si parla di lei come scrittrice di racconti erotici, si ritrova in questa definizione?
«Assolutamente no. Purtroppo quando viene
imposta un’etichetta, soprattutto nel
mondo editoriale italiano, è sempre molto
difficile distaccarsene. Non rinnego nessuno
dei racconti dove utilizzo la sensualità
come mezzo espressivo, ma questa è solo
una parte dei sentimenti che affronto. I miei
tre ultimi racconti “Tutti i miei
cari”, “Oasi” e “Come un gioco”
(ndr tutti vincitori di recenti premi
letterari) descrivono ancora una
volta un mondo interiore, ma per
parlare del dolore. Anche per questo
la scrittura è molto più cruda e
tagliente. Molte pagine, poi ruotano attorno
al tema della maternità, che è
rimasto tra gli ultimi tabù della nostra
cultura. O meglio, si parla spesso di maternità,
ma soprattutto il mercato pubblicitario impone
l’immagine di una donna-madre sempre felice,
lontano da dubbi, persino obbligata
ad essere bella. Per altri versi – mi
riferisco a recenti fatti di cronaca
– il problema è trattato solo
superficialmente o spettacolarizzato.
Io ho cercato di entrare nel lato oscuro della
maternità, rimettendo la donna al centro
di tutte quelle emozioni negative che anche
per lei sono difficili da accettare. Da questo
viaggio, ho capito che la vera origine di
un rapporto sbagliato fra la donna e
il proprio bambino è la solitudine;
un condizione che nella nostra
società si incontra spesso».
Cosa c’è tra i suoi progetti futuri?
«Continuare ad indagare le emozioni. Ora
sto seguendo delle persone con disagio psichico
e scriverò su di loro. Ma saranno racconti
gioiosi; grazie a loro ho capito che la risata
è una cura formidabile».
Veronica Fallini
(Dal Corriere della Sera di venerdì 1 dicembre 2006)
EROS Un
nuovo romanzo dell’autrice che ha ispirato
“MONAMOUR”
di Tinto Brass
ALINA: un po’ Bovary, un po’ casalinga disperata
Chi immagina che l’autrice di un libro
erotico debba per forza avere – o almeno
avere avuto – una vita trasgressiva e
ricca di esperienze “piccanti” si
sbaglia. Almeno nel caso di Alina Rizzi (
Come Bovary. Diario di un’adultera,Travenbooks, pp110, € 9).
Trentotto anni, lei che scrittrice erotica lo
è, suo malgrado, da quando è uscito
il suo primo romanzo, fa la vita che non ti
aspetto: abita in un paesino di mille anime
arroccato sulle Prealpi nella sona di Erba (Lecco)
dove l’occasione più mondana è
la festa del patrono, e divide il suo
tempo tra il marito e il figlio
piccolo. Neppure lo stereotipo della
casalinga frustrata le appartiene.
Primo perché Alina non si considera una
casalinga (in cucina è una frana e i
lavori domestici non li sopporta). Secondo perché
fa esattamente quello che le piace: scrive e
si occupa di letteratura.
A guardarla meglio più che a una Anais
Nin somiglia a una Disperate housewife in versione
brianzola, ovvero con uno spiccato senso pratico.
Che usa però per descrivere, senza troppi
giri di parole, amplessi e seduttori
anziché per spolverare mobili e stare
dietro i fornelli. Nelle sue storie
di amori efficienti tutto avviene in
maniera rapida e appassionata, quasi che
fosse il desiderio a dettare il tempo. Ma non
è così. Otto anni fa ha raccontato
la storia di una donna sposata che solo grazie
a un amante scopre i piacere del sesso, in tutte
– o quasi- le sue varianti. Persino uno
abituato all’eros come il regista
tinto Brass è rimasto colpito dal
talento di Alina e ha deciso di
girare un film,
Monamour, dal suo libro.
Nel frattempo Alina ha fatto altro: scritto
racconti, composto versi, curato raccolte poetiche.
Ha anche aperto un salotto virtuale dedicato
alla letteratura al femminile che, a
dispetto della definizione che le
hanno appiccicato di
“pornoscrittrice” è l’unica che sente
davvero sua.
Nel nuovo romanzo, in realtà scritto
qualche anno fa ma costantemente rimaneggiato,
l’autrice torna, anche se in maniera meno
diretta, sugli stessi temi: amore, passione,
sesso.
Come Bovary. Diario di un’adultera
racconto di un’altra donna, una
moglie curiosa più che insoddisfatta
che accetta di vivere una storia con
un uomo di quasi trent’anni più
vecchio. Come l’eroina di Flaubert,
anche la sua eroina ha una sensualità
pervasiva. Ma stavolta il valore delle scrittura
viene prima di tutto, anche della storia che,
dopo sospiri e palpiti, si incanala verso un
finale prevedibile.
La prosa è attenta e ricercata, “segue
il ritmo dei corpi”- suggerisce Milena
Milani nella nota introduttiva – ma con
misura, senza farsi confondere dai sensi. Di
esplicito, in come Bovary, ci sono soprattutto
i numerosi riferimenti a personaggi letterari
e a vite di autrici famose –
Storia di una capinera di Verga,
L’amante della Duras, Jules e Jim;
Anais Nin e Hanry Miller, Colette,
Simone de Beauvoir e Janet Frane –
nei quali pare di leggere tanto la
ricerca da parte di Emma di modelli con cui
confrontarsi, quanto la volontà di Alina
di legittimare, attraverso autorevoli esempio,
il proprio essere fedele alla scrittura erotica.
Severino Colombo
Maria Luisa Sotgiu
2006-02-17 17:05
Un libro alla ricerca della passione
Caro Paolo, ieri ho presentato per sommi capi
la scrittrice Alina Rizzi che ho scoperto durante
i miei giri in Internet. Avevo letto un
articolo di Arturo Zilli, giornalista
culturale altoatesino, sul “Corriere
dell’Alto Adige”, che scriveva di
lei in occasione della presentazione
di “Come Bovary. Diario di un’adultera”,
pubblicato dalla Casa editrice altoatesina ‘Traven
Books’; mi era piaciuta la presentazione
della Rizzi e del suo libro, per questo motivo
sono andata in “Google” alla ricerca
di altre notizie.
“Come Bovary. Diario di un’adultera”
racconta, sotto forma di diario, la storia di
una donna moderna, di una Emma che vive un’esistenza
continuamente sospesa tra l’affetto che
sente per il marito e la carica di
sensualità che avverte dentro di sé
ogni volta che incontra l’amante.
Durante l’intervista la Rizzi ha confessato
che ci sono voluti anni per arrivare alla pubblicazione
del libro perché anche se era finito
ha continuato a limare e a rimettere frasi,
finchè una sua amica scrittrice le ha
detto che un libro una volta
terminato, non deve essere
rimaneggiato: si fanno solo danni.
Alla domanda sulla somiglianza della sua Emma
con l’Emma di Flaubert e sulla differenza
tra le due, Alina Rizzi ha risposto che la signora
Bovary è un personaggio che l’ha
sempre affascinata molto. La trova talmente
simile ad un modello femminile molto
comune anche ai nostri giorni, che si
stupisce sempre del fatto che
l’abbia inventata un uomo.
Emma di Flaubert è una donna in cerca
di passione, di emozioni, che non si accontenta,
e questo riguarda le donne in generale, del
passato e del presente. Al giorno d’oggi
le delusioni vengono “metabolizzate”
meglio. Difficilmente si ammazza per un
tradimento; si va avanti, si è
consapevoli dei limiti della
passione, che però rimane sempre
un’attrazione irresistibile. La Rizzi
parla apertamente delle passioni, degli amori,
dei desideri delle donne di ieri e di oggi.
Un caro saluto
Maria Luisa
DAL FORUM DEL CORRIERE DELLA SERA
Alina Rizzi
Come Bovary
Diario di un’adultera
( dal sito internet www.alicelibri.it)
“Siamo fuggiti per il lungo week-end di
ognissanti, improvvisamente silenziosi e con
una segreta voglia di rincuorarci. Dalle finestre
dell’hotel dipinto di bianco la visione
fiabesca della baia del silenzio, col mare
che diviene iridescente mentre il
sole si abbassa sopra la linea
dell’orizzonte. Ho ancora nelle
narici il profumo sfiorito degli oleandri
e della salsedine. Emilio mi teneva stretta
mentre cercavo pace nell’immagine delle
vele lontane dalla riva, incorniciate nella
feritoia del carruggio. L’amore è
come una marea, avanza e si ritrae.”
A centocinquant’anni di distanza
dalla pubblicazione di Madame Bovary,
Alina Rizzi rivisita il mito dell’eroina
flaubertiana con un romanzo incentrato sull’adulterio
come stile di vita e pensiero. Scrivo mito,
perché tale mi sembra il paradigma
fantasmatico entro cui si inscrive la
figura di quest’altra Emma del
secondo millennio e del suo immaginario
desiderante tra l’erotico e il sentimentale.
Figura oltremodo letteraria, come rimarca l’autrice
insistendo più volte con paragoni, citazioni
e riferimenti romanzeschi allo scopo
di meglio definirla o, se vogliamo,
distinguerla da altri personaggi
femminili trasgressivi: dalla Bovary
ottocentesca, appunto, alla giovane protagonista
de L’amante di Margherite Duras, passando
attraverso personaggi quali Anaïs Nin e
Simone de Beauvoir: donne in carne ed ossa ma
trasfigurate in modelli di condotta
sessuale libertaria dall’aura
libresco-intellettuale che le
avvolge.
“Sono anche io una Madame Bovary?” è
dunque l’interrogativo (retorico) che
si pone fin dalle righe iniziali la protagonista.
Quesito a cui il lettore potrà ben presto
agevolmente rispondere di no, essendo la nostra
adultera una donna postmoderna la quale,
ad onta di passioni e coinvolgimenti
amorosi, vive all’insegna di un
disincanto che la pone anni luce
lontana dalla Madame di Flaubert e
dalla sua inclinazione così romantica
alle tinte cupe della tragedia. Inoltre, se
Emma trovava noioso e banale il marito, l’io
narrante femminile della Rizzi ama e stima il
proprio coniuge Emilio, però è
attratta anche dall’altro: l’amante.
Quello che lei ha in mente è un triangolo
ideale: un rapporto a tre ben temperato da
un’attenzione paritaria che lei
afferma di voler riservare a entrambi
i partner. Ma, ovviamente, tra il
dire e il fare c’è di mezzo il mare
magno di una fisicità/sensualità che
soprattutto il terzo incluso sa accendere,
ovvero il pure lui coniugato Lorenzo, uomo fascinoso
e voluttuoso con cui, in alberghi equivoci,
la novella Emma “sperimenta abbracci
complicati” e amplessi al limite
dell’esibizionismo e della
perversione, che svelano però una
laboriosità erotica alla fin fine
defatigante e che palesano una sempre più
marcata insoddisfazione emozionale, come la
donna è costretta suo malgrado a confessare
(“sarò mai, per lui, più
di bocca, cosce e ventre?”).
Quindi tra ostelli squallidi, sedili di automobili
e soste culturali al sex-shop si snodano le
stazioni di una vera e propria via crucis
extraconiugale segnata da un disagio
sempre maggiore. E la Rizzi è
senz’altro brava a descrivere
l’alternanza di fugaci appagamenti carnali
e sconforti affettivi, come la frustrante altalena
fra desiderio di rompere e continuare il mordi
e fuggi di un rapporto davvero
problematico. Particolarmente felice,
dal punto di vista narrativo, è
altresì la parte finale del romanzo
che vede i due amanti presi da un improvviso
crescendo dell’eros, dove la passione
si fa autentico pathos, debordando quasi in
follia amorosa. Lorenzo finalmente ammette con
lei di essere innamorato e sembra il
sentimento sia autentico, ma
l’autrice tra le righe ci fa intuire
che di illusione si tratta. Così la
trasgressione viene a concludersi nel modo
più banalmente borghese: la di lui consorte
scopre la tresca e Lorenzo, la coda fra le gambe,
torna a casa dalla moglie. Fine dei sogni a
buon mercato e di questo dolceamaro
romanzo alquanto melanconico
sull’impossibilità di abitare oggi un
romanticismo alla Bovary,
improbabile anche per la più ingenua
Madame dei giorni nostri.
Di Francesco Roat
Come Bovary. Diario di un'adultera di Alina Rizzi
110 pag., Euro 9,00 -
Traven Books-Südtirol (I romanzi di B. Traven)
ISBN: 88-901522-3-0
Le prime righe
Nella mia mente lui scava gallerie di insicurezza.
La scrittura diventa un sedativo. Sono anche
io una Madame Bovary? Sto cercando un uomo che
mi trascini fuori dalla banalità
della mia esistenza? Dalla noia e
dall’abitudine?
Eppure amo Emilio: è così attento,
premuroso, comprensivo con me. Mi tiene tra
le braccia per ore quando ho voglia di piangere,
ascolta i miei sfoghi, mi rassicura cullandomi
come fossi una bambina. Tornare da lui la
sera, significa veramente tornare a
casa. Non provo l’insofferenza di
Emma, quando sbirciava di sottecchi
Charles, trovandolo noioso e insignificante,
banale. Emilio conosce le mie angosce e i miei
dubbi, tenta di offrirmi delle soluzioni e,
se non funzionano, il suo sostegno
incondizionato. Un marito comprensivo
non è forse più auspicabile di un
estraneo bramoso? Non so rispondere.
© 2005, Travenbooks
ALINA RIZZI, Come
Bovary (diario di un'adultera), Travenbooks,
2005, Bolzano.
( dalla rivista LA MOSCA di Milano n.15 - dicembre 2006)
Nel 1857 Flaubert pubblica Madame Bovary; da
allora, molte donne hanno letto ed emulato nella
fantasia i turbamenti amorosi dell'appassionata
francese. Epigona di Emma («sono una
signora bovary tra tante»), la
giovane donna adultera, protagonista
dell'ultimo romanzo di Alina Rizzi,
cita esplicitamente la sua antesignana, e con
lei «le eroine di tutti i libri che aveva
divorato, e la lirica legione di quelle adultere».
Come Bovary si presenta quale diario
scandito dai mesi, un lunario di
umori femminili; protagonisti ne sono
l'io narrante, l'amante Lorenzo, il
marito Emilio. Accanto a loro, evocati sono
Anaïs Nin e Henry Miller, Sartre e la De
Beauvoir, l'amante di Marguerite Duras, Lolita,
gli esteti di D'Annunzio e i romantici di Colette,
fino alla Dickinson e all'infelice
capinera di Verga. «Perdo tempo a
fantasticare sulle vite altrui»,
ammette la donna, immaginando l'esito
della sua storia adulterina, vissuta
e contemporaneamente scritta: «la
scrittura diventa un sedativo», quando
la vita angoscia. «Scrivere sta diventando
un'abitudine a cui non so rinunciare. Mi dà
un'emozione sensuale la vista dell'inchiostro
che penetra la carta immacolata». Non
l'eros, è il protagonista delle pagine
di Alina Rizzi, ma il pensato, il detto e lo
scritto intorno alle sensazioni
d'amore: l'abbandono, lo sfruttamento
del corpo, il disincanto («ho
imparato a non cercare atmosfere perdute che
solo la letteratura sa ricreare»). Il
tempo diviso fra il marito e l'amante la costringe
a «vivere in equilibrio come funamboli»,
in una solitudine che solo raramente si
appaga di gioie, poiché «l'amore è
come una marea, avanza e si ritrae».
L'arrogante Lorenzo, tra rieterati
silenzi e gelido pragmatismo conduce
in alberghetti sordidi dalla moquette
consunta la sua bambolina compiacente, e «nella
sua mente lui scava gallerie di insicurezza».
Il gioco dell'adulterio non ha regole né
vittorie, la sfida è «la tacita
intesa di chi ruba istanti clandestini».
L'unione con Lorenzo, che cresce tarpata come
un bonsai, è «come una malattia
che avvelena il sangue», una parentesi
all'interno di «un matrimonio che comincia
a sfaldarsi come un fiore
appassito», ma che saprà ritrovare le
sue radici. Emilio infatti, pur
intuendone la doppia vita, sa
aspettare la sua Bovary fino al finale: la
moglie di Lorenzo, scoperta la relazione, intima
alla rivale di sparire. Lo smarrimento costringe
allora la protagonista ad un doloroso
riorientamento di identità e alla
costruzione di un nuovo percorso col
marito, dal quale si intravede il
germoglio di un figlio.
Serena Scionti
COME BOVARY:
INTERPRETAZIONI FOTOGRAFICHE A CURA DEL CIRCOLO GRASCH
Foto di MARCO SAMPIETRO
Modella ANGELLORE
Telefona ogni
sera. Mi desidera. Sussurra
dentro il ricevitore
dolcissme oscenità che mi fanno rabbrividire.
-Vorrei fare l'amore cob te, adesso,- gli dico.
-Puoi farlo. Chiudi gli occhi, pensa alle mie mani, alla mia
bocca. Io ti sento: è come fossi qui, insieme a me.-
Mi abbandono contro lo chienale della poltrona. Le mie dita
diventano le sue mentre il sudore mi inumidisce la pelle e mi
incolla al corpo la camicetta.
-Toglitela,- sussurra, ed io lo faccio subito.
-Sei così bella, mi basta immaginarti...-
Sorrido appoggiando le labbra al ricevitore, scossa da
un brivido profondo.
-Amore, amore- corre lungo i cavi.
Io? Lui?
|
|
|
Nessun commento:
Posta un commento