“ Si scrive ciò che si sente e si vive. Si scrive con tutto il proprio essere. E’ la sola maniera di essere onesti, di essere se stessi”.

Ivy Compton-Burnett

COME BOVARY ( Diario di un'adultera)




Alina Rizzi
COME BOVARY (Diario di un'adultera)
(Travenbooks, dicembre 2005)





STORIA DI UNA DONNA
nota introduttiva di Milena Milani
Nel 1857 uscì in Francia “Madame Bovary” di Gustav Flaubert. Il romanzo venne processato per oltraggio alla morale.
Non capiterà questa disavventura a Alina Rizzi per “Come Bovary. Diario di un’adultera”. I tempi sono cambiati.
La storia di una donna con le sue frustrazioni e degradazioni (e anche con il suo romanticismo, nutrito di illusioni) si svolge tra il marito e l’amante, Emilio e Lorenzo, due maschi che vivono il loro ruolo senza complicazioni. C’è anche un altro, di nome Vittorio, ma ha meno importanza.
Tra di loro (due, tre, oppure centomila) ecco la protagonista, giovane, bella, che accetta ciò che è stabilito da sempre: diventare un oggetto, credendo di riuscire a decidere il proprio destino.
Per lei, l’amore, con la maiuscola, sembrerebbe determinare le azioni ma invece si tratta di necessità fisiche identiche a quelle del marito o dell’amante, o dell’umanità in genere.
La scrittura di Alina Rizzi segue il ritmo dei corpi, annota reazioni e sensazioni ma coglie anche le stagioni, i mutamenti del cielo, un fiore in un vaso, il ricordo di un odore. E’ un libro che ondeggia da un capitolo al successivo, non contano troppo le precisazioni erotiche ma invece la solitudine, la malinconia. Esse restano in mente dopo la lettura.
E infatti, attraverso quel disagio femminile, la protagonista può riscattarsi suo malgrado, riflettere su se stessa e forse dare un senso alla propria vita.
Milena Milani



Albisola venerdi 14 ottobre 2005
Dal quotidiano "LA PROVINCIA " di Como, 6 aprile 2007
Indossa i colori dell’Africa dalla quale è appena tornata, Alina Rizzi, quando siede al tavolino del caffè per rispondere alle domande de La Provincia. La sua voce è un gioco piacevole di toni profondi e vivaci e l’intervista, si trasforma presto in una chiacchierata piena di sorprese.
Scrittrice erbese, 40 anni appena compiuti, la Rizzi ha saputo attirare l’attenzione di pubblico e critica fin dal 1998 con il romanzo “Amare Leon” (edizioni Borelli), un successo da 30 mila copie dal quale nel 2005 il regista Tinto Brass ha tratto la sceneggiatura del film “Mon amour”.
Suo è anche il libro di racconti “Ritratti” e il secondo romanzo “Donne di cuori” (edizione Lietocolle), dove la voce femminile appare sempre protagonista di un mondo sospeso tra desiderio e realtà. Del 2002 è la composizioni poetica “Rossofuoco” (edizione limitata), seguita da “Il frutto sillabato” ( Dialogolibri, 2004). Con i romanzi “Passione sospesa” (edizioniBorelli) e “Come Bovary” (TravenBooks) compone una trilogia della passione amorosa che non si esaurisce in una descrizione oggettiva dei fatti, ma indaga un vissuto interiore denso di contraddizioni.
Ed è proprio questa curiosità per il mondo femminile la spinta dei racconti di Alina Rizzi.
Il suo sito www.segniesensi.it è interamente dedicato alle donne scrittrici, e anche nei suoi libri le donne sono sempre protagoniste. Da cosa nasce questo riferimento costante?
«Mi è sempre sembrata la cosa più naturale. Ho iniziato a scrivere da ragazzina, perchè come donna avvertivo la necessità di ritagliarmi uno spazio di libertà assoluta. Le parole per me sono sempre state uno strumento istintivo. Le ho utilizzate per allontanarmi dal mondo forse un po’ stretto della realtà erbese e sono riuscita a “viaggiare” pur rimanendo affezionata a questi luoghi. Tuttora fatico a scrivere su commissione e non ho mai pensato alle parole come a qualcosa di definitivo, piuttosto come a espressioni della confusione, della felicità o del dolore. Nella scrittura sono sempre partita dalle cose che conoscevo meglio, e ho scoperto che volevo approfondirle ancora di più. Il mondo femminile è per certi versi ancora sconosciuto. Le donne sono entrate nella scrittura in ritardo rispetto agli uomini, riuscendo comunque ad esprimere un potenziale di idee ed emozioni senza precedenti, pensiamo a Marguerite Duras, Marguerite Yourcenar, ma anche alle poetesse Sylvia Plath e Anne Sexton. Per questo il mio lavoro tutt’ora è rivolto a loro».
Spesso si parla di lei come scrittrice di racconti erotici, si ritrova in questa definizione?
«Assolutamente no. Purtroppo quando viene imposta un’etichetta, soprattutto nel mondo editoriale italiano, è sempre molto difficile distaccarsene. Non rinnego nessuno dei racconti dove utilizzo la sensualità come mezzo espressivo, ma questa è solo una parte dei sentimenti che affronto. I miei tre ultimi racconti “Tutti i miei cari”, “Oasi” e “Come un gioco” (ndr tutti vincitori di recenti premi letterari) descrivono ancora una volta un mondo interiore, ma per parlare del dolore. Anche per questo la scrittura è molto più cruda e tagliente. Molte pagine, poi ruotano attorno al tema della maternità, che è rimasto tra gli ultimi tabù della nostra cultura. O meglio, si parla spesso di maternità, ma soprattutto il mercato pubblicitario impone l’immagine di una donna-madre sempre felice, lontano da dubbi, persino obbligata ad essere bella. Per altri versi – mi riferisco a recenti fatti di cronaca – il problema è trattato solo superficialmente o spettacolarizzato.
Io ho cercato di entrare nel lato oscuro della maternità, rimettendo la donna al centro di tutte quelle emozioni negative che anche per lei sono difficili da accettare. Da questo viaggio, ho capito che la vera origine di un rapporto sbagliato fra la donna e il proprio bambino è la solitudine; un condizione che nella nostra società si incontra spesso».
Cosa c’è tra i suoi progetti futuri?
«Continuare ad indagare le emozioni. Ora sto seguendo delle persone con disagio psichico e scriverò su di loro. Ma saranno racconti gioiosi; grazie a loro ho capito che la risata è una cura formidabile».
Veronica Fallini



(Dal Corriere della Sera di venerdì 1 dicembre 2006)
EROS Un nuovo romanzo dell’autrice che ha ispirato “MONAMOUR” 
di Tinto Brass
ALINA: un po’ Bovary, un po’ casalinga disperata

Chi immagina che l’autrice di un libro erotico debba per forza avere – o almeno avere avuto – una vita trasgressiva e ricca di esperienze “piccanti” si sbaglia. Almeno nel caso di Alina Rizzi (Come Bovary. Diario di un’adultera,Travenbooks, pp110, € 9).
Trentotto anni, lei che scrittrice erotica lo è, suo malgrado, da quando è uscito il suo primo romanzo, fa la vita che non ti aspetto: abita in un paesino di mille anime arroccato sulle Prealpi nella sona di Erba (Lecco) dove l’occasione più mondana è la festa del patrono, e divide il suo tempo tra il marito e il figlio piccolo. Neppure lo stereotipo della casalinga frustrata le appartiene. Primo perché Alina non si considera una casalinga (in cucina è una frana e i lavori domestici non li sopporta). Secondo perché fa esattamente quello che le piace: scrive e si occupa di letteratura.
A guardarla meglio più che a una Anais Nin somiglia a una Disperate housewife in versione brianzola, ovvero con uno spiccato senso pratico. Che usa però per descrivere, senza troppi giri di parole, amplessi e seduttori anziché per spolverare mobili e stare dietro i fornelli. Nelle sue storie di amori efficienti tutto avviene in maniera rapida e appassionata, quasi che fosse il desiderio a dettare il tempo. Ma non è così. Otto anni fa ha raccontato la storia di una donna sposata che solo grazie a un amante scopre i piacere del sesso, in tutte – o quasi- le sue varianti. Persino uno abituato all’eros come il regista tinto Brass è rimasto colpito dal talento di Alina e ha deciso di girare un film, Monamour, dal suo libro.
Nel frattempo Alina ha fatto altro: scritto racconti, composto versi, curato raccolte poetiche. Ha anche aperto un salotto virtuale dedicato alla letteratura al femminile che, a dispetto della definizione che le hanno appiccicato di “pornoscrittrice” è l’unica che sente davvero sua.
Nel nuovo romanzo, in realtà scritto qualche anno fa ma costantemente rimaneggiato, l’autrice torna, anche se in maniera meno diretta, sugli stessi temi: amore, passione, sesso. Come Bovary. Diario di un’adultera racconto di un’altra donna, una moglie curiosa più che insoddisfatta che accetta di vivere una storia con un uomo di quasi trent’anni più vecchio. Come l’eroina di Flaubert, anche la sua eroina ha una sensualità pervasiva. Ma stavolta il valore delle scrittura viene prima di tutto, anche della storia che, dopo sospiri e palpiti, si incanala verso un finale prevedibile.
La prosa è attenta e ricercata, “segue il ritmo dei corpi”- suggerisce Milena Milani nella nota introduttiva – ma con misura, senza farsi confondere dai sensi. Di esplicito, in come Bovary, ci sono soprattutto i numerosi riferimenti a personaggi letterari e a vite di autrici famose – Storia di una capinera di Verga, L’amante della Duras, Jules e Jim; Anais Nin e Hanry Miller, Colette, Simone de Beauvoir e Janet Frane – nei quali pare di leggere tanto la ricerca da parte di Emma di modelli con cui confrontarsi, quanto la volontà di Alina di legittimare, attraverso autorevoli esempio, il proprio essere fedele alla scrittura erotica.
Severino Colombo




Maria Luisa Sotgiu
2006-02-17 17:05

Un libro alla ricerca della passione
Caro Paolo, ieri ho presentato per sommi capi la scrittrice Alina Rizzi che ho scoperto durante i miei giri in Internet. Avevo letto un articolo di Arturo Zilli, giornalista culturale altoatesino, sul “Corriere dell’Alto Adige”, che scriveva di lei in occasione della presentazione di “Come Bovary. Diario di un’adultera”, pubblicato dalla Casa editrice altoatesina ‘Traven Books’; mi era piaciuta la presentazione della Rizzi e del suo libro, per questo motivo sono andata in “Google” alla ricerca di altre notizie.
“Come Bovary. Diario di un’adultera” racconta, sotto forma di diario, la storia di una donna moderna, di una Emma che vive un’esistenza continuamente sospesa tra l’affetto che sente per il marito e la carica di sensualità che avverte dentro di sé ogni volta che incontra l’amante.
Durante l’intervista la Rizzi ha confessato che ci sono voluti anni per arrivare alla pubblicazione del libro perché anche se era finito ha continuato a limare e a rimettere frasi, finchè una sua amica scrittrice le ha detto che un libro una volta terminato, non deve essere rimaneggiato: si fanno solo danni.
Alla domanda sulla somiglianza della sua Emma con l’Emma di Flaubert e sulla differenza tra le due, Alina Rizzi ha risposto che la signora Bovary è un personaggio che l’ha sempre affascinata molto. La trova talmente simile ad un modello femminile molto comune anche ai nostri giorni, che si stupisce sempre del fatto che l’abbia inventata un uomo.
Emma di Flaubert è una donna in cerca di passione, di emozioni, che non si accontenta, e questo riguarda le donne in generale, del passato e del presente. Al giorno d’oggi le delusioni vengono “metabolizzate” meglio. Difficilmente si ammazza per un tradimento; si va avanti, si è consapevoli dei limiti della passione, che però rimane sempre un’attrazione irresistibile. La Rizzi parla apertamente delle passioni, degli amori, dei desideri delle donne di ieri e di oggi.
Un caro saluto
Maria Luisa
DAL FORUM DEL CORRIERE DELLA SERA




Alina Rizzi
Come Bovary
Diario di un’adultera
( dal sito internet www.alicelibri.it)

“Siamo fuggiti per il lungo week-end di ognissanti, improvvisamente silenziosi e con una segreta voglia di rincuorarci. Dalle finestre dell’hotel dipinto di bianco la visione fiabesca della baia del silenzio, col mare che diviene iridescente mentre il sole si abbassa sopra la linea dell’orizzonte. Ho ancora nelle narici il profumo sfiorito degli oleandri e della salsedine. Emilio mi teneva stretta mentre cercavo pace nell’immagine delle vele lontane dalla riva, incorniciate nella feritoia del carruggio. L’amore è come una marea, avanza e si ritrae.”

A centocinquant’anni di distanza dalla pubblicazione di Madame Bovary, Alina Rizzi rivisita il mito dell’eroina flaubertiana con un romanzo incentrato sull’adulterio come stile di vita e pensiero. Scrivo mito, perché tale mi sembra il paradigma fantasmatico entro cui si inscrive la figura di quest’altra Emma del secondo millennio e del suo immaginario desiderante tra l’erotico e il sentimentale. Figura oltremodo letteraria, come rimarca l’autrice insistendo più volte con paragoni, citazioni e riferimenti romanzeschi allo scopo di meglio definirla o, se vogliamo, distinguerla da altri personaggi femminili trasgressivi: dalla Bovary ottocentesca, appunto, alla giovane protagonista de L’amante di Margherite Duras, passando attraverso personaggi quali Anaïs Nin e Simone de Beauvoir: donne in carne ed ossa ma trasfigurate in modelli di condotta sessuale libertaria dall’aura libresco-intellettuale che le avvolge.
“Sono anche io una Madame Bovary?” è dunque l’interrogativo (retorico) che si pone fin dalle righe iniziali la protagonista. Quesito a cui il lettore potrà ben presto agevolmente rispondere di no, essendo la nostra adultera una donna postmoderna la quale, ad onta di passioni e coinvolgimenti amorosi, vive all’insegna di un disincanto che la pone anni luce lontana dalla Madame di Flaubert e dalla sua inclinazione così romantica alle tinte cupe della tragedia. Inoltre, se Emma trovava noioso e banale il marito, l’io narrante femminile della Rizzi ama e stima il proprio coniuge Emilio, però è attratta anche dall’altro: l’amante. Quello che lei ha in mente è un triangolo ideale: un rapporto a tre ben temperato da un’attenzione paritaria che lei afferma di voler riservare a entrambi i partner. Ma, ovviamente, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare magno di una fisicità/sensualità che soprattutto il terzo incluso sa accendere, ovvero il pure lui coniugato Lorenzo, uomo fascinoso e voluttuoso con cui, in alberghi equivoci, la novella Emma “sperimenta abbracci complicati” e amplessi al limite dell’esibizionismo e della perversione, che svelano però una laboriosità erotica alla fin fine defatigante e che palesano una sempre più marcata insoddisfazione emozionale, come la donna è costretta suo malgrado a confessare (“sarò mai, per lui, più di bocca, cosce e ventre?”).
Quindi tra ostelli squallidi, sedili di automobili e soste culturali al sex-shop si snodano le stazioni di una vera e propria via crucis extraconiugale segnata da un disagio sempre maggiore. E la Rizzi è senz’altro brava a descrivere l’alternanza di fugaci appagamenti carnali e sconforti affettivi, come la frustrante altalena fra desiderio di rompere e continuare il mordi e fuggi di un rapporto davvero problematico. Particolarmente felice, dal punto di vista narrativo, è altresì la parte finale del romanzo che vede i due amanti presi da un improvviso crescendo dell’eros, dove la passione si fa autentico pathos, debordando quasi in follia amorosa. Lorenzo finalmente ammette con lei di essere innamorato e sembra il sentimento sia autentico, ma l’autrice tra le righe ci fa intuire che di illusione si tratta. Così la trasgressione viene a concludersi nel modo più banalmente borghese: la di lui consorte scopre la tresca e Lorenzo, la coda fra le gambe, torna a casa dalla moglie. Fine dei sogni a buon mercato e di questo dolceamaro romanzo alquanto melanconico sull’impossibilità di abitare oggi un romanticismo alla Bovary, improbabile anche per la più ingenua Madame dei giorni nostri.
Di Francesco Roat



Come Bovary. Diario di un'adultera di Alina Rizzi
110 pag., Euro 9,00 - Traven Books-Südtirol (I romanzi di B. Traven)
ISBN: 88-901522-3-0
Le prime righe
Nella mia mente lui scava gallerie di insicurezza. La scrittura diventa un sedativo. Sono anche io una Madame Bovary? Sto cercando un uomo che mi trascini fuori dalla banalità della mia esistenza? Dalla noia e dall’abitudine?
Eppure amo Emilio: è così attento, premuroso, comprensivo con me. Mi tiene tra le braccia per ore quando ho voglia di piangere, ascolta i miei sfoghi, mi rassicura cullandomi come fossi una bambina. Tornare da lui la sera, significa veramente tornare a casa. Non provo l’insofferenza di Emma, quando sbirciava di sottecchi Charles, trovandolo noioso e insignificante, banale. Emilio conosce le mie angosce e i miei dubbi, tenta di offrirmi delle soluzioni e, se non funzionano, il suo sostegno incondizionato. Un marito comprensivo non è forse più auspicabile di un estraneo bramoso? Non so rispondere.
© 2005, Travenbooks



ALINA RIZZI, Come Bovary (diario di un'adultera), Travenbooks, 2005, Bolzano.
( dalla rivista LA MOSCA di Milano n.15 - dicembre 2006)
Nel 1857 Flaubert pubblica Madame Bovary; da allora, molte donne hanno letto ed emulato nella fantasia i turbamenti amorosi dell'appassionata francese. Epigona di Emma («sono una signora bovary tra tante»), la giovane donna adultera, protagonista dell'ultimo romanzo di Alina Rizzi, cita esplicitamente la sua antesignana, e con lei «le eroine di tutti i libri che aveva divorato, e la lirica legione di quelle adultere». Come Bovary si presenta quale diario scandito dai mesi, un lunario di umori femminili; protagonisti ne sono l'io narrante, l'amante Lorenzo, il marito Emilio. Accanto a loro, evocati sono Anaïs Nin e Henry Miller, Sartre e la De Beauvoir, l'amante di Marguerite Duras, Lolita, gli esteti di D'Annunzio e i romantici di Colette, fino alla Dickinson e all'infelice capinera di Verga. «Perdo tempo a fantasticare sulle vite altrui», ammette la donna, immaginando l'esito della sua storia adulterina, vissuta e contemporaneamente scritta: «la scrittura diventa un sedativo», quando la vita angoscia. «Scrivere sta diventando un'abitudine a cui non so rinunciare. Mi dà un'emozione sensuale la vista dell'inchiostro che penetra la carta immacolata». Non l'eros, è il protagonista delle pagine di Alina Rizzi, ma il pensato, il detto e lo scritto intorno alle sensazioni d'amore: l'abbandono, lo sfruttamento del corpo, il disincanto («ho imparato a non cercare atmosfere perdute che solo la letteratura sa ricreare»). Il tempo diviso fra il marito e l'amante la costringe a «vivere in equilibrio come funamboli», in una solitudine che solo raramente si appaga di gioie, poiché «l'amore è come una marea, avanza e si ritrae». L'arrogante Lorenzo, tra rieterati silenzi e gelido pragmatismo conduce in alberghetti sordidi dalla moquette consunta la sua bambolina compiacente, e «nella sua mente lui scava gallerie di insicurezza». Il gioco dell'adulterio non ha regole né vittorie, la sfida è «la tacita intesa di chi ruba istanti clandestini». L'unione con Lorenzo, che cresce tarpata come un bonsai, è «come una malattia che avvelena il sangue», una parentesi all'interno di «un matrimonio che comincia a sfaldarsi come un fiore appassito», ma che saprà ritrovare le sue radici. Emilio infatti, pur intuendone la doppia vita, sa aspettare la sua Bovary fino al finale: la moglie di Lorenzo, scoperta la relazione, intima alla rivale di sparire. Lo smarrimento costringe allora la protagonista ad un doloroso riorientamento di identità e alla costruzione di un nuovo percorso col marito, dal quale si intravede il germoglio di un figlio.
Serena Scionti



 COME BOVARY:

INTERPRETAZIONI FOTOGRAFICHE A CURA DEL CIRCOLO GRASCH
Foto di MARCO SAMPIETRO
Modella ANGELLORE




Telefona ogni sera. Mi desidera. Sussurra dentro il ricevitore
dolcissme oscenità che mi fanno rabbrividire.
-Vorrei fare l'amore cob te, adesso,- gli dico.
-Puoi farlo. Chiudi gli occhi, pensa alle mie mani, alla mia
bocca. Io ti sento: è come fossi qui, insieme a me.-
Mi abbandono contro lo chienale della poltrona. Le mie dita
diventano le sue mentre il sudore mi inumidisce la pelle e mi
incolla al corpo la camicetta.
-Toglitela,- sussurra, ed io lo faccio subito.
-Sei così bella, mi basta immaginarti...-
Sorrido appoggiando le labbra al ricevitore, scossa da
un brivido profondo.
-Amore, amore- corre lungo i cavi.
Io? Lui?







 

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