( Bonfirraro Editore, 2015)
“Mamma , ti prego, dammi un’altra possibilità”.
Introduzione di Franca Marzella
Le
testimonianze contenute in “PELLE DI DONNA di Alina Rizzi , sono fedeli
trascrizioni di interviste rilasciate all’autrice da donne, a loro modo, vincitrici
su un amaro destino. Il loro svolgersi si presenta come narrazioni che
richiamano l’attenzione del lettore per la loro struttura, tipica della
forma-racconto. Contrappunto di registri oggettivi e soggettivi, nei quali il
momento della svolta, alla massima dissonanza esistenziale, ha la sua
risoluzione consonante in nuovi equilibri di realtà. Il tempo appare spostato,
come gli affetti ed i luoghi. Così è la donna a dover accettare il diverso da
sé, lei che era stata accusata di essere diversa. E’ allora che l’umanità si
illumina e si livella.
I racconti
sembrano procedere per stratificazioni della sofferenza , rinviando
continuamente a meditazioni sul dolore umano: si è spesso indotti a pensare ad
altre donne, la maggioranza, quelle che hanno avuto la loro esistenza tragicamente
interrotta. L’illusione di cambiare il proprio uomo, di salvarlo, porta queste
donne a pagare un prezzo personale di estrema sofferenza, pur di mantenere una
tradizione che nega impietosamente un riscatto etico. Le “sopravvissute a loro
stesse”, alle quali la vita ha chiesto cambiamenti velocissimi, ove la
possibilità di elaborazione di ogni passaggio è stata legata-negata da un vero
e proprio sequestro emotivo, dalla necessità dell’isolamento.
L’autrice
usa un ritmo fraseologico estremamente espressivo e fedele al contenuto emotivo
delle testimonianze: vi sono frasi lapidarie, improvvise svolte sincopate,
sfumature e sottolineature che accompagnano il lettore e a volte lo abbandonano
nell’oscurità o lo fanno correre verso la redenzione. Spesso
la densità emotiva chiede al lettore una pausa, fra un racconto e l’altro:
occorre fermarsi, respirare, creare spazi di contenimento. Qui il titolo “Pelle
di donna ” sembra evocare anche questa
necessità: la pelle , simbolo della respirazione, la pelle permeabile e
impermeabile, la pelle superficiale e profonda. La “pelle delle donne” che separa e unisce le differenti
sensorialità, spesso intermediaria di un
dolore che procura comunque un sentimento di riappropriazione di se
stesse, incatenate come sono a corpi che sembrano inadatti al piacere,
disaffezionati, disabitati, interni svuotati completamente dell’aggressività
necessaria per qualsiasi affermazione di sé.
Questi
racconti muoveranno l’empatia, creeranno rispecchiamenti ad altre vittime, che
dal proprio rivelarsi in altri inizieranno un lento percorso di denuncia, una possibile terapia:
la direzione sarà la speranza, la ricerca della verità, la costruzione del
senso della vita, a qualsiasi età. Mentre ci accompagnano attraverso la loro
personale ricostruzione del proprio involucro psichico contenitore, attraverso
la tessitura della loro nuova pelle, tutte le donne che ascoltiamo in questi
racconti sembrano fare una sola richiesta alla vita: ritrovare quel contatto
originario tra la bambina piccola e il proprio ambiente materno e
familiare “…mamma, ti prego, dammi un’altra possibilità!” Attraverso
la scrittura “rappresentativa” dell’autrice queste donne assicurano infine con
una dignità ritrovata e ricostituita la
loro presenza al mondo e a se stesse.
PREMESSA
di Alina Rizzi
di Alina Rizzi
Donne vittime dei loro mariti, amanti, famigliari. Qualche
volta di uomini incontrati per caso e accolti con fiducia, sbagliando. Donne aggredite da mostri grandi e oscuri: la
mafia, gli errori giudiziari, i riti arcaici di una tribù africana. Donne tradite dalla loro comunità, dal
parroco di famiglia, da finti benefattori in terra straniera.
Le storie raccolte in questo libro sono autentiche e
documentate, sono le dirette testimonianze delle loro protagoniste: donne tra
tante, insospettabili, che hanno attraversato il dolore della coercizione,
dell’esclusione, della violenza fisica e psicologica, quasi sempre perpetrata
da uomini. Come giornalista e come donna, mi sono semplicemente messa in
ascolto, con empatia e profondo rispetto, cercando di restituire a questi
vissuti la dignità che meritano, portandoli alla luce del foglio bianco. Non ci
sono finzioni o abbellimenti in questi racconti: ci sono nomi, date, luoghi,
avvenimenti spesso riferiti dalla cronaca e poi subito scordati. Ma queste donne
non devono essere dimenticate, perché come loro ce ne sono centinaia di altre,
che solo uscendo dal buio e dall’anonimato, possono forse ritrovare un po’ di
giustizia. E di serenità.
I loro nomi sono: Anna Maria, Isoke, Chamed, Eleonora,
Natascia, Helen, Charline, Marisa, Alice, Giulia, Gloria, Maria Pia, Aminata,
Marzia, Rosanna, Annina, Lucia, Filomena. Il loro coraggio può rendere ogni
donna maltrattata un po’ più forte e determinata a cambiare la propria vita.
Erba, 23 settembre 2017
Con Giuliana Panzeri
Salone del libro di Torino, maggio 2017
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Con l'Editore Salvo Bonfirraro |
5 maggio 2017
Presentazione alla Biblioteca di Lambrugo, 12 marzo 2016
Presentazione a Milano, 20 novembre 2016
PRESENTAZIONE A COMO, giugno 2015
Recensione per ecoinformazioni.blog
“Pelle di Donna”, l’ultimo libro di Alina Rizzi presentato a Como dall’Associazione “Tessere
la Rete”.
La “Drogheria” di via Diaz a Como piena di donne, tra cui la
vice-sindaco della città Silvia Magni, e qualche uomo per la presentazione
dell’ultima opera letteraria di Alina Rizzi “Pelle di Donna” – Bonfirraro
Editore, euro 13,90.
La scrittrice, nata a Erba, valorizza e concede voce
all’universo femminile: Suoi romanzi: “Amare Leon” che ha ispirato Tinto Brass per il film
“Monamour”, “Donne di cuore”, “ Scrivimi d’amore”. Sue raccolte di racconti:
“”Bambino mio”, “Quello che le madri non dicono”. Raccolte poetiche e
antologie, l’ultima americana “La dolce vita” – Running press.
In “Pelle di Donna” Alina Rizzi raccoglie storie di
ordinaria sopravvivenza femminile, donne vittime di femminicidio e violenze
d’ogni tipo.
La giornalista Ida Paola Sozzani – che fu nella redazione di
“Geniodonna”, mensile transfrontaliero Italia-Svizzera - ha ricordato che nel 2015, fino al 14
giugno, sono stati conteggiati 73 ginecidi, uno ogni 54 ore, anche se in Europa
non siamo più all’anno zero sulla questione della violenza alle donne e
disponiamo di strumenti normativi e di tutela.
Le storie narrate da Alina Rizzi sono autentiche e
documentate, si tratta delle dirette testimonianze delle protagoniste, donne
tra le tante che hanno vissuto coercizioni, esclusioni, violenze fisiche e
psicologiche, fenomeni perpetrati da uomini, spesso mariti e fidanzati, compagni di vita.
Un invito a non dimenticare queste vittime, coloro che sono
sopravvissute e stanno uscendo dal buio per trovare, con la giustizia loro
dovuta, un po’ di serenità.
Guido Capizzi
Intervista dal blog COGITO ERGO ...SCRIVO:
http://www.bonfirraroeditore.it/blog/item/149-8-giugno-l-uscita-dell-ultimo-libro-della-giornalista-alina-rizzi-per-la-serie-cogito-ergo-scrivo-13.html#.VXBLbxQ7cNV
PELLE DI DONNA è un
libro di storie vere e documentate, da dove vengono?
Dalla cronaca soprattutto. Sono storie che ho raccolto negli
ultimi anni per le riviste a cui collaboro. Storie di donne vittime di violenza
e soprusi, da parte dei loro uomini soprattutto.
Crede sia utile
raccontare i fatti per combattere la violenza di genere?
Sì, assolutamente. Raccontare serve a condividere, a tenere
alta l’attenzione su questo enorme problema. Serve anche alle vittime per non
sentirsi sole e isolate, per trovare la strada per superare l’esperienza e il
dolore. Le donne che ho intervistato ce l’hanno fatta: sono state forti e
coraggiose, si sono ribellate, hanno salvato la propria dignità oltre che la
propria vita.
Nel libro racconta
anche storie di donne straniere: per esempio della pratica dell’infibulazione e
del racket della prostituzione nigeriana.
E’ vero, perché il problema dei soprusi sulle donne è
trasversale, coinvolge il nord e il sud del mondo, religioni e culture diverse.
Nessuno deve sentirsi estraneo al problema. Viviamo in una società patriarcale,
che solo in anni recenti, con fatica e grazie al lavoro di tante donne, è stata
messa in discussione. Non possiamo assolutamente tornare indietro. E per farlo
occorre fare fronte comune.
Il racconto
intitolato “Lapidata” è la storia di un femminicidio. Non teme che il libro sia
troppo “duro”?
I miei racconti non possono essere certo più duri della realtà. E alla
realtà, in questi casi, non ci si deve sottrarre. Non ho scritto un libro
rilassante, è evidente, ma non ho neppure cercato di enfatizzare queste storie.
Mi sono attenuta ai fatti, cercando di dare voce anche ai pensieri e alle
emozioni delle protagoniste, e credo di esserci riuscita, perché rileggendo i
racconti prima che venissero pubblicati,
si sono completamente ritrovate. E’ stato uno scambio profondo e
intenso, del quale sono molto grata ad ognuna di loro: hanno voluto condividere
con me momenti fondamentali delle loro vite e, con molta generosità, hanno offerto
la propria esperienza ad ogni lettrice.Presentazione a Fino Mornasco, 5 settembre 2016
Presentazione alla Biblioteca di Asso, 25 settembre 2016
“Pelle di donna” di Alina Rizzi: diciotto storie nude di violenza"
di Emma Fenu
dal sito Oubliette Magazine
Pelle di donna veste la bimba che piange inascoltata.
Pelle graffiata, violata, bruciata, accoltellata, massacrata.
Pelle di donna nasconde l’orrore di una vita all’apparenza normale.
Pelle di donna tagliata e cucita per coprire, con una maschera, il volto del mostro.
L’immagine della cover del libro, accompagnata dal titolo, è fortemente simbolica: si tratta di una donna ridotta ad un aborto di femminilità o di una dea madre che, raggomitolata in posizione fetale, manifesta l’intento di autopartorirsi e allattare al proprio seno la bambina che le vive dentro?
È un simbolo volutamente contrastante.
Sono storie nude, queste raccolte da Alina Rizzi. Nude di fronzoli, di filtri, di velleità letterarie, di giustificazioni sessiste.
Le protagoniste si raccontano: sono bambine, donne giovani, donne di mezza età, italiane, straniere. Sono tutte vittime di violenza fisica e psicologica perpetuata da compagni, fidanzati, mariti, padri, familiari, educatori, istituzioni statali e organizzazioni criminali; molte sono riuscite a rinascere, alcune no, non possono neppure avere il ruolo di voce narrante. Non più.
Allora sono altre a narrare per loro, perché nessuna donna sia dimenticata, uccisa mille volte dall’indifferenza e dall’ingiustizia, violata senza fine dal silenzio che condanna a essere vittime in eterno, perché ree di essere, paradossalmente, colpevoli.
«Per me questa non è giustizia. Perché mia figlia è morta massacrata dall’uomo da cui desiderava un bambino. Vorrei che qualcuno mi spiegasse che senso ha tutto questo. I giudici non hanno saputo farlo».
Colpevoli di voler esercitare la propria libertà, di non voler sopportare botte o insulti, di essere troppo sole, troppo povere e troppo emarginate per poter reagire.
«Sono una Malanova, che al mio paese, San Martino di Taurianova, in Calabria, significa “portatrice di sventure”. Per questo sono dovuta fuggire e nascondermi. […] Per i miei ex-concittadini io ero solo una puttanella che si era presa gioco di tutti i maschi del paese: ragazzini e uomini sposati. Ho portato il disonore nelle case, ho scardinato gli ingranaggi menzogneri che tengono in piedi le famiglie».Colpevoli di non subire passivamente regole sociali e culturali disumane, retaggio pesante e decomposto di secoli, e di voler avere voce e scrivere la propria storia.
L’hanno scritta la loro storia. Leggiamola. È anche la nostra, anche se ci sembra lontana, in realtà dista un pianerottolo dalla nostra casa, o forse meno.
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