Presentazione marzo 2016
Biblioteca Comunale di Lambrugo
Presentazione e intervista di Angela Marone.
Questa
sera, insieme ad Alina Rizzi, che ringraziamo di cuore per essere qui con noi,
e al suo libro “Pelle di Donna”, affronteremo una sorta di viaggio attraverso i
racconti di vita di molte donne coraggiose, vittime proprio di quella carica
d'amore di cui parlavo prima, che può trasformarsi improvvisamente in un'arma
letale, facendole precipitare nel più buio degli abissi ma che poi alla fine, è
l'unica forza in grado di salvarle. Perchè per me questo libro è proprio
questo: una raccolta di racconti “d'amore”. Amore inteso in tutte le sue
molteplici sfaccettature e complessità...anche inteso nella sua accezione negativa
come assenza d'amore, o come idea dell'amore (giusta o sbagliata che sia), di
riscatto, di amore per se stessi o all'opposto mancanza d'amore verso gli altri
o verso se stessi.
1) E' cosi Alina?
Sì, penso si possa
parlare di amore, anche in quei casi in cui il sentimento è malato, deforme e
pericoloso. Tanti atti violenti, purtroppo, vengono compiuti in nome di un
amore che in realtà è malattia, distorsione di sentimenti confusi.
2. Parlaci della scelta del titolo “Pelle di Donna”. A me
sembra che racchiuda in sé tutto il contenuto del libro. E' stata una scelta
molto meditata?
In realtà no. Il titolo è
nato insieme al progetto del libro, da subito. Queste sono storie vissute sulla
propria pelle, che lasciano il segno nelle protagoniste e non solo. Ma a ben guardare
forse la pelle di tutte le donne è segnata da cicatrici che hanno a che fare
con la violenza maschile, pur espressa in modi diversi. Le donne inoltre, come
è evidente ancora oggi, pagano con la propria pelle il diritto ad essere
libere. Lo hanno fatto nei primi del 900, per ottenere il diritto di voto, ma
lo fanno ancora oggi, per ottenere la stessa libertà degli uomini. Che non è
solo quella di votare, lavorare, entrare in politica, anche se si tratta di
conquiste fondamentali e importantissime, ma anche la libertà di dire NO. No
perché non vogliono, no perché hanno cambiato idea, no perché hanno nuovi
progetti. La libertà di esercitare il proprio diritto di persone libere senza
doversi necessariamente giustificare.
3. Quelle raccontate nel libro sono storie vere,
testimonianze pure, fedeli trascrizioni di interviste a te rilasciate, non
rimaneggiate. Quanto è difficile per una scrittrice provare a far passare “un
messaggio” che è proprio, attraverso le voci di altri?
Per me non è stato
difficile, perché da sempre lavoro su temi che riguardano le donne e la libertà
delle donne. Ho scelto io di occuparmi di questi argomenti e si è creata subito
una grande empatia con le protagoniste delle storie, intervistate all’inizio
per alcune riviste femminili. L’empatia è fondamentale per fare questo
mestiere: non credo si possa raccontare la storia di qualcuno di cui non
condividiamo in qualche modo le emozioni.
4. Il sottotitolo “Storie di ordinaria sopravvivenza
femminile” è a mio avviso, una sorta di messaggio d'allerta per tutte le donne,
esortandoci a pensare che non sono storie poi da noi cosi lontane. Possono
capitare a chiunque anche se può sembrare impossibile?
Il sottotitolo è nato
come riassunto di ciò che il libro conteneva. Non è un prodotto dell’editore, che
infatti non l’ha messo in copertina
per problemi di grafica, e che invece io avrei molto voluto. Ordinaria
sopravvivenza significa che queste storie non sono uniche e rare, purtroppo, ma
riguardano il quotidiano di tutte noi. Una donna ogni tre giorni viene
aggredita da un uomo, con conseguenze a volte tragiche. Quindi non si tratta di
fatti isolati ma della vita di ogni giorno. Questi fatti possono riguardare
qualunque donna, come emerge dal libro: donne fragili, emarginate, bisognose,
ma anche donne forti, determinate, in carriera. Mogli e madri, ragazzine.
Nessuna di noi è al sicure, se ci pensate. Bisogna imparare a fare
attenzione,sempre, alle persone con cui condividiamo la vita.
5. Nella premessa tu dici che raccontare il coraggio di
queste donne può rendere ogni donna maltrattata più forte e determinata a
cambiare la propria vita. In che modo?
Le donne protagoniste di
queste storie si sono salvate, ce l’hanno fatta a liberarsi, a tornare a vivere
nel mondo, ad amare, lavorare, costruire i proprio personali obiettivi. Questo
significa che si può uscire da una situazione di vessazione e violenza. Non è
facile, certo, ed è doloroso e ci vuole tempo. Ma si può e si deve chiedere
aiuto, invece di isolarsi, spesso per vergogna. Bisogna lottare per la propria
vita ma anche per la propria libertà. Le donne che ho intervistate ce lo
raccontano e lo ribadiscono: mai arrendersi. La forza che hanno acquistato ora,
che non prescinde dal dolore che marchierà per sempre la loro pelle, è anche
per le altre. Non a caso, quasi tutte, dopo le violenze subite, dopo esserne
uscite, ora desiderano aiutare altre donne.
6. Quale è la testimonianza che più ti ha commosso? Ti
andrebbe di leggercela?
La
verità è che la maggior parte di queste storie, forse tutte, sono davvero
commoventi e io che ho raccolto direttamente le testimonianze, i ricordi, i
dolori e le lacrime di queste donne ne sono stata molto coinvolta. Vorrei
leggervi però la storia di Malanova, la prima del libro, perché è la storia di
una ragazzina di quattordici anni, in un paese del sud d’Italia, che aveva
progetti normali, sani, vitali e speranze e sogni come tutte le sue coetanee. E
invece è finita tra le grinfie di un branco di uomini, giovani e adulti, che
hanno fatto scempio del suo corpo e dei suoi sentimenti. L’hanno usato come un
oggetto, incuranti del suo dolore e della paura. E quando dopo due anni si sono
stancati hanno pretese che gli consegnasse la sorellina minore. Ma Anna Maria a
quel punto ha ritrovato tutta la sua forza: per salvare la sorella ha salvato
anche se stessa. E ha detto basta, ha denunciato nonostante le minacce di
morte, e le ingiurie dell’intero paese che, per difendere i suoi uomini, le ha
fatto la guerra. Sono trascorsi anni ma Anna Maria oggi è una donna nuova,
consapevole, che può ridere e vivere la propria vita.
7. C'è una domanda ricorrente che sfiora la mente di
molte di queste donne quando vivono questi incubi ad occhi aperti : “E' stata
colpa mia?” Quanto pesa il giudizio o pregiudizio degli altri sulle vita delle
donne?
Per
alcune donne il giudizio degli altri è ancora molto importante. Le donne sono
state cresciute sentendosi in qualche modo meno dei maschi e quindi costrette a
fare di più per ottenere lo stesso rispetto e considerazione. Se qualcosa non
funziona, le donne tendono a riflettere su se stesse prima di tutto, per capire
cosa possono fare per migliorare le cose. Sono introspettive, lo sappiamo, si
giudicano prima di giudicare. Poi ovviamente esiste il pregiudizio degli altri
che indica come dovrebbe essere una donna secondo canoni che non esistono più
ma che resistono nel tempo, perché radicati in millenni di storia.
8. Insicurezza e inadeguatezza: sono stati d'animo
diffusi tra le donne di oggi? Da cosa dipende e quanto influenza le relazioni
interpersonali?
Come
dicevo, si tratta di un retaggio culturale: le donne sono state considerate
così a lungo deboli e inadeguate che hanno raccolto in sé una valanga di
insicurezze. Non è facile sradicarle: quello che a noi sembra un tempo lungo:
gli ultimi 70 anni per esempio, storicamente sono un attimo. Quindi c’è molta
strada ancora da fare. Ma se nelle famiglie ci fosse l’impegno autentico di
scardinare queste antiche credenze, forse le cose cambierebbero più in
fretta. Cedo sia fondamentale che in
famiglia gli uomini siano i primi a rispettare le donne e difenderle e stimare.
E invece, come vediamo, è proprio lì che nascono i problemi.
9. Botox, depilazione, liposuzione. Ma anche lacrime ed
empatia. Una vera rivoluzione...per lui. Non solo nel guardaroba. Un fenomeno
che sta cambiando il maschio. In meglio? Gli uomini del futuro si sentiranno
meno diversi dalla donne e quindi smetteranno di fare loro del male?
Questo
io non lo so. Personalmente non credo che femminilizzandosi un uomo possa
capire meglio le donne. Non credo così importante un lavoro sul fisico quanto
sull’interiorità. Agli uomini nessuno chiede mai di essere più magri, più
belli, più levigati. Agli uomini le donne chiedono di essere più attenti,
comprensivi e di coltivare l’empatia. Ciò di stare un po’ di più all’interno di
sé e dei rapporti e un po’ meno fuori, come succede da sempre.
10. Se potessi lanciare un messaggio a tutte le donne,
cosa vorresti dire loro?
Quello
che dico da sempre: di creder ein se stesse, di lottare per se stesse, per
costruirsi una vita che le appaghi e che dia senso ai giorni, alle difficoltà,
alla fatica. Di smetterla di mettere davanti a sé sempre qualcun altro. Prima
occorre salvare se stessi e mi pare un gesto intelligente oltre che un diritto.
Provate a pensare alle istruzioni che danno sugli aerei in caso di grossi
problemi: primo infilarsi la maschera dell’ossigeno e poi aiutare gli altri.
Non il contrario. Perché se si sta soffocando, non si può aiutare proprio
nessuno e il sacrificio non porta a niente.
11. Nel racconto dal titolo “reclusa”, a raccontare di se
è la moglie incinta di un carabiniere violento che la isola da tutti e da
tutto. Alla fine di ogni sopruso, lui riesce sempre ad impietosirla e lei che
lo ama lo perdona. E' stato poi l'amore per sua figlia a salvarla. Mi ha
colpito il fatto che durante il racconto dica di nutrire una forte passione per
la scrittura e che da sempre scrive diari. Quanto credi che questo possa averla
resa cosciente della orrenda situazione in cui è venuta a trovarsi?
Conoscendola, direi che
per eleonora la scrittura è stata salvifica. Lei amava scrivere da sempre, ma
nel momento in cui il marito le ha tagliato tutti i ponti con l’esterno,
famigliari e amici compresi e si è ritrovata sola in una casa isolata senza
poter chiedere aiuto, la scrittura è stato un modo per rimanere agganciata alla
realtà, per non perdersi.
Scrivere può essere una
via di salvezza?
Può esserlo sì. La
scrittura aiuta a fare ordine nella confusione dei pensieri, a stabilire delle
priorità, a spostare l’attenzione. Può essere un modo per non sentirsi soli,
per sfogare in modo non violento la propria rabbia, per riflettere più
approfonditamente. Non è un caso che venga consigliata per superare le
difficoltà nei reparti oncologici degli ospedali, o nei trattamenti con
l’anoressia.
12. E' per questo che tieni corsi di scrittura
autobiografica? Noi abbiamo voluto ospitare uno qui in biblioteca. Come è
strutturato?
Sì è per questo.
Io credo nel valore terapeutica della scrittura e mi piace condividere le mie
riflessioni. Nel corso prenderemo ad esempio i diari di grandi scrittrici e li
useremo come spunto per raccontare di noi. Non è necessario saper scrivere
bene, non si tratta di un corso di scrittura creativa. Faremo degli esercizi
per ritrovare i ricordi, le sensazioni del passato e del presente e per
imparare a raccontarli su un quaderno. E’ un processo creativo che mette in
moto tante emozioni e idee nuove, considerazioni, progetti.
13. La versione curriculare della vita di Alina è questa:
Alina Rizzi è nata a Erba
(CO). Giornalista pubblicista dal 1991, si dedica da sempre a realizzare
iniziative rivolte alla valorizzazione del mondo femminile. Attualmente
collabora col settimanale F e il mensile Natural (Cairo Editore). Ha vinto
premi letterari e pubblicato in diverse antologie.Ha lavorato per le Case
Editrici Mariotti, De Agostini, De Vecchi, Lietocolle. Diplomata in arteterapia
nel 2011, tiene corsi di scrittura autobiografica e laboratori artistici.Quale
è invece la versione emozionale della vita di Alina?
Un gran caos, in realtà.
Che metto in ordine quotidianamente con la scrittura, nei miei diari personali
e nei racconti. Scrivo per necessità, perché mi fa stare meglio, mi aiuta a
trovare la calma e spesso le risposte. Se sto molto male non scrivo, aspetto
che passi la bufera. Quello che mi interessa, scrivendo e vivendo, è scoprire
qualcosa di nuovo ogni giorno, fare esperienza, allargare gli orizzonti. E dire
quello che scopro anche se è scomodo, non per erigermi a paladina della
giustizia, ma per dar voce a chi non ne ha.
14. Il tuo blog,che consiglio a tutti di visitare, si
chiama Costruzioni Variabili. Cosa sono queste costruzioni e perchè variabili?
Costruzioni
variabile sono le cose che metto nel blog: riguardano i libri che leggo, quello
che scrivo, le scrittrici che amo, la poesia, i paesaggi che scopro, le
persone, i luoghi. Il filo conduttore può variare e passare dall’erotismo,
all’arte, alla violenza sulle donne. Mi piace sentirmi libera di spaziare,
almeno su un blog!
15. Sulla homepage compare questa citazione: Si scrive ciò
che si sente e si vive. Si scrive con tutto il proprio essere. E' la sola
maniera di essere onesti, di essere se stessi. Tu sei questo quando scrivi?
Sì,
è per questo che scrivo poco. E’ molto impegnativo e faticoso. Scrivere cose
che non mi coinvolgono, che non trovo interessanti o importanti è fatica
sprecata. Ci rinuncio subito. Non c’è bisogno di altra aria fritta, meglio
risparmiare la carta e gli alberi.
16. Alina tu scrivi di donne, ti occupi delle loro storie,
sei impegnata a 360 gradi a favore delle donne. Perchè senti cosi forte il
bisogno di abbracciare questa causa?
Perché
sono una donna. Perché alla fine degli anni 60, quando sono nata io, per le
donne c’erano ancora poche possibilità di liberarsi dai condizionamenti
precedenti: il matrimonio, la casa i figli. Ho dovuto lottare per tirarmi fuori
da questi schemi, che dipendono ovviamente anche dall’ambiente in cui si nasce
e si vive. Vorrei che le donne crescessero con una scala di valori e di
priorità diverse da quelle che credevo di dover avere io.
17. Tu sei anche un'artista. Lo scorso anno abbiamo avuto
qui la tua visual art. Oggi la bellissima Coperta delle Donne. Che cosa è e
come nasce questo progetto artistico?
Nasce dal mio desiderio
di riunire le donne per progetti comuni. Di fare rete, di unire le forze. Ho curato
diverse antologie di poesia e scrittura femminile ma essendo una grande
appassionata d’arte moderna, avevo voglia di spaziare in altri ambiti, come
dicevo prima, di permettermi costruzioni variabili. E anche di sdoganare il
lavoro fatto con fili e tessuti come lavoro femminile di importanza minore. In
realtà nei paesi del nord Europa
esistono musei di fiber art, e riuniscono sia artisti donne che uomini. Da noi,
in Italia, non c’è vero interesse, invece. Ho voluto azzardare un progetto che
unisse pratiche comunque femminili (come il cucito, il ricamo, la maglia)
all’arte, che è espressione di un pensiero. Quindi ho coinvolto per prime
artiste molto serie e impegnate e poi, col tempo, ho allargato la
partecipazione anche a chi non aveva un curriculum artistico, ma una gran
voglia di lasciare un messaggio nella coperta. E ognuna si è espressa come
voleva, con risultati davvero sorprendenti e spesso di grande qualità.
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