MARIELLA LIBELLULA
Ricordo di Mariella Mischi
Ricordo di Mariella Mischi
Non scriverò una nota critica sulla poesia di Mariella Mischi. Non sono una critica letteraria, Mariella lo sapeva, rispettava le mie scelte. Credo toccherà doverosamente a persone più competenti occuparsi dell’opera – importante- che questa poeta ci ha lasciato. Plaquette e diversi libri, tra cui l’ultimo, “Estuario del Tempo”, uscito da Book nel 2006, anche se è “Alle porte dei ritorni”, (Book, 2004) forse il più sentito da lei.
Mi parlava della sofferenza che quest’ultimo libro aveva comportato, un libro ispiratole da Paul Celan, che l’aveva gettata in una profonda tristezza per tanto tempo. Un libro però NECESSARIO. Diceva che aveva dovuto scriverlo, che a volte le pareva di poter dialogare con Celan, di percepire le sue emozioni. Ma non è proprio questo ciò che accade tra un poeta e la sua fonte di ispirazione quando la scrittura urge nelle dita e nell’anima?
Mariella era una donna leggerissima, esteriormente. Pesava 47 chili. Una donna –libellula, come quella della poeta Anne Waldman, su cui aveva scritto.
Era nata a Verona nel 1953, aveva due figli, un marito, una casa. L’emozione prima della presentazione di un libro la spossava. Io ne ho presentati almeno 3 con lei, a Peschiera del Garda, dove viveva, e a Como , nella mia zona.
Però, in due l’ansia si dimezzava e ci divertivamo anche alla fine.
La trascinavo a cena, dopo, e tutto diventava una festa. Così le piaceva.
Così piace anche a me: la presentazione di un nuovo libro di poesia non dovrebbe essere proprio una festa? Per l’autore e per chi ascolta?
Il guaio è che tra una presentazione e l’altra magari passano anni. Non si scrivono libri di poesia come i best-seller americani. E il tempo della scrittura è lento, solitario, intimo, faticoso.
A volte mi chiedevo, come poteva sopportarlo Mariella, così esile, così sensibile.
Ci telefonavamo, anche per ore, per restituirci forza, vigore, per poter tornare al lavoro.
Funzionava di solito.
Quattro anni fa stavamo scrivendo un libro a due mani, un libro epistolare in versi. Ci scambiavamo poesie via e.mail, come brevi missive, sui nostri temi preferiti: la scrittura e le donne. La fatica di conciliare il lavoro creativo e la vita quotidiana, la casa, gli affetti, i figli.
E Mariella alla fine diceva: - Ma chi se ne frega di tutto Alina, noi dobbiamo scrivere, è questo che ci tiene in vita.-
Certo, ero d’accordo con lei.
La scrittura era il nostro modo di puntellare la vita quando scricchiolava sopra le nostre teste.
Ma il libro si inceppò dopo 40 poesie, non la sentii per lungo tempo. Suo padre era morto, lei si ritirò in una solitudine fredda e impenetrabile. Le rispedii le sue poesie. Perchè lo feci? Non lo so. Forse perché non temesse che cercassi di pubblicarle senza consultarla. Ma oggi mi spiace molto di essere stata così formalmente cortese. Vorrei avere ancora le poesie che scrisse a me, per me, come potessi trattenere qui qualcosa ancora di lei.
Mi resta la collanina che mi fece trovare sul comodino accanto al letto, la prima notte che dormii a casa sua, dopo una presentazione. Un oggettino leggerissimo, di quelli che le piacevano, che infilava a strati attorno ai polsi, che la facevano sembra più giovane di dieci anni.
Quando Mariella è tornata a telefonarmi - due anni dopo? – era felice. Aveva sposato il suo compagno, stava pubblicando “Estuario del Tempo” e una prosa, “La stanza bianca”, dedicata a sua madre morta giovane. Disse che si era comperata dei vestiti nuovi, che voleva andare in vacanza, che stava bene. Ero molto felice per lei, per questa Mariella che tornava da un tempo in cui si era trasformata, tanto da apparire diversa da quella che conoscevo, più introversa, dubbiosa, tormentata. Speravo davvero che le cose le andassero bene, se lo meritava.
E invece non fu che un lungo momento, un stato passeggero.
Perché le ombre che aveva dentro tornarono più prepotenti che mai durante la scorsa primavera e lei si curava ma non era soddisfatta. Mi chiedeva consigli medici che non potevo darle. La invitavo a venire da me e lei diceva sì, ma poi rimandava sempre. Non se la sentiva, era stanca, stava troppo male. Aveva progettato una vacanza e io la incoraggiai a partire, a rilassarsi al sole.
Ma a Mariella non piaceva il sole e il caldo torrido dell’estate.
Rientrò due giorni dopo.
Le chiesi una poesia per l’antologia DONNE DI-VERSI che stavo curando, ma lei disse che non scriveva più.
La obbligai quasi a darmi un testo, per scuoterla.
Allora lei scrisse un omaggio alla poetessa americana Anne Waldman, intitolato “ Non sono una donna comune”.
No, certo che non lo era. Era una bella poesia. Termina così: “ Sono sola e ardita/ sono la vita”.
Andai in vacanza dopo averle mandato delle mail per invitarla l’8 settembre a Como alla presentazione dell’antologia a cui aveva partecipato.
Non mi rispose.
Forse era un buon segno. Forse era partita per la crociera di cui aveva parlato, forse era sul lago. Sapevo che il computer non le piaceva e non controllava la posta elettronica.
Le telefonai, le mandai degli sms.
Immaginai che si sentisse troppo stanca anche per chiacchierare, che volesse stare un po’ da sola, magari in casa, al fresco. Era luglio e faceva molto caldo. Peschiera del Garda è affollata d’estate e lei era infastidita da quel via vai continuo sotto casa.
Ma poi arrivò la telefonata di un amico editore, quella che proprio non mi aspettavo, e tutto l’inspiegabile trovò una sua collocazione, ma non certo un senso, perché quello non credo si troverà mai.
Mariella Mischi si è suicidata il 15 agosto 2007 a Verona, abbandonandosi nell’Adige, così come scelse di morire Paul Celan, e con le tasche piene di sassi, come Virginia Woolf.
Le ho portato una poesia, dopo alcuni giorni, e il fiume se l’è inghiottita subito, insieme ai fiori.
Del resto, anche la poesia è così fragile…
Ciao Mariella.
DOLCI ACQUE
A Mariella dolci acque
che ti lavino via
ogni incertezza troppi dubbi
che ti accolgano distesa
esile Ofelia offesa.
Ora che la luce ti sfiora
il viso bianco e le mani
troppo scarne ora
amica mia
riposa.
che ti lavino via
ogni incertezza troppi dubbi
che ti accolgano distesa
esile Ofelia offesa.
Ora che la luce ti sfiora
il viso bianco e le mani
troppo scarne ora
amica mia
riposa.
Mariella
Mischi ( Verona, 1953),
laureata in
psicologia
clinica, pubblica nel
'97 la prima raccolta
poetica: "Meridiana
d'amore" (Zanetto).
In seguito escono "Avalon-
la spina e la rosa"
(Campanotto, 1998),
"Karate-Do,
via della
mano vuota"
(Campanotto, 2000),
"Seme della metamorfosi"
( Dialogolibri, 2002),
"Lettere d'amore
di due poetesse"
con Alda Merini ( Dialogolibri,
2003),
"Canzoniere
per Giulietta e Romeo"
(Dialogolibri 2006),
"Alle porte dei
ritorni" ( Book,
2004), "Estuario
del Tempo" (Book,
2006). In prosa: "La
stanza bianca"
(Jago, 2006). Appare
in numerose
antologie e
nelle edizioni d'arte
del Pulcinoelefante.
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....di tanto in tanto torno qui.... rileggo il suo ricordo e rivedo Mariella , la sua dolcezza, la sua fragilità.
RispondiEliminaUna stella che ho visto brillare e che ho ancora nel profondo dell'anima.
anch'io la cerco di tanto in tanto, torno a questa pagina per dirle che manca, che quel giorno passai vicinissima al luogo in cui la ritrovarono, senza sapere nulla. Continuo a cercarla, conservo il suo numero negli anni, Mariella non è un sogno.
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