FLOR GARDUÑO:
UNA MAGICA FEMMINILITA'
UNA MAGICA FEMMINILITA'
Donne coperte di calle bianche, di rose o di margherite.Donne col volto nascosto da un velo nero oppure da una testa di pesce. Corpi nudi che sbucano da una grande foglia o tra le piume di un pavone reale. Le fotografie di FLOR GARDUÑO (Città del Messico, 1957) artista di fama mondiale che vive appena oltre il confine italiano, tra Stabio (Svizzera) e Tepoztlan (Messico), ci restituiscono un'immagine femminile magica e terragna, circondata da una natura intensa e silenziosa, ma anche dall'uomo nei suoi simboli classici (la spada, il corvo nero, il serpente). Un lavoro ricco e appassionato quello raccolto nel volume intitolato "FLOR" (Peliti Associati, Roma), che racchiude le immagini scattate negli ultimi dieci anni dall'artista messicana, la quale ha esposto in oltre trentacinque musei ed è presente nelle più prestigiose collezioni di New York, Los Angeles, e Zurigo.
Nel volume "FLOR" ha fotografato soltanto figure femminili: bambine, ragazze, donne in gravidanza. Come mai questa scelta? La femminilità è un tema che mi sta a cuore e che avevo già affrontato in precedenza, anche se non così approfonditamente. Poi dieci anni fa ho deciso di diventare madre e per ragioni pratiche ho dovuto ridurre i miei viaggi di lavoro, gli spostamenti all'estero. Ho colto l'occasione per approfondire questo argomento affascinante, scegliendo le modelle tra le mie amiche. Era importante che avessi una profonda intimità con queste donne e che riconoscessi in loro una storia personale, un passato, così che, davanti all'obiettivo non fossero soltanto senza vestiti, ma davvero spogliate e potessero trasmettere molto di ciò che sono interiormente.
Nelle sue immagini
alcuni oggetti sono ricorrenti:
la gabbia, il velo nero che
nasconde il viso di una
donna o l'intero corpo,
una crinolina che sembra
trattenere i movimenti. Fanno pensare
ad una donna che non può
muoversi o svelarsi liberamente.
E' questo ciò che ha notato
nelle donne di oggi, una limitazione
dei movimenti?
A livello simbolico, le strutture che ho creato per le fotografie, vogliono rappresentare le limitazioni entro cui, tutt'oggi, la donna si muove, soprattutto in campo professionale. Ma anche le vie di fuga che comunque esistono come possibilità reali: i grandi seni che escono dalla costrizione dell'abito con le stecche simbolizzano un forte desiderio di sfuggire al controllo.
Donne spogliate
dicevamo, riprese accanto a foglie,
animali, fiori, sassi, su uno
sfondo buio che le isola
da qualunque contesto
sociale o temporale e che sembrano
voler rappresentare la femminilità
nella sua essenza, una femminilità
ancorata alla terra e alla natura,alla
semplicità del corpo. Crede
che le donne moderne,
quelle europee piuttosto
che quelle americane,
stiano vivendo un'esigenza di questo
genere?
Io non mi pongo il problema di rappresentare donne di un paese piuttosto che di un altro. Le amiche fotografate vengono da ogni parte del mondo e in esse si sono ritrovate molte di quelle donne, giovani o vecchie, che hanno assistito alle mie mostre, sia in Messico, che in Italia o in America. Credo che le mie immagini, per alcuni più oniriche per altri più classiche, possano rappresentare un femminino senza confini, universale.
Si sta vivendo
un momento di grande attenzione
per l'arte messicana, per Frida
Kahlo in particolare, che
dipingeva anch'ella i
propri visionari autoritratti
circondata da fiori, foglie e animali
vari. Che cosa ne pensa?
Frida Khalo noi non l'abbiamo riscoperta, per noi c'è sempre stata. E' all'estero che se ne parla tanto solo adesso. Anche nell'arte esistono le mode, purtroppo, e allora si tende a paragonare un'artista ad un altro con insistenza, anche quando le differenze sono notevoli. Io per esempio sono stata assistente di Manuel Bravo, che ha fotografato molte agavi. In Messico, ogni volta che qualcuno fotografa un'agave viene giudicato un imitatore di Bravo: è un atteggiamento ingiusto e mortificante per un'artista.
Nel volume "FLOR"
ha fotografato diverse donne incinte,
che appaiono piene di
serenità, di calma e
anche di sensualità,
trasmettendo un'immagine molto affascinante
della maternità, in netto
contrasto con il luogo comune secondo
il quale una donna, per poter occuparsi
della propria arte, deve
rinunciare alla famiglia
e ai figli. Significa
che le due esperienze sono diventate
conciliabili, nel ventunesimo secolo?
Io credo di sì. La grande gioia che mi ha dato questo lavoro è proprio rappresentata dal fatto che non ho dovuto rinunciare a nulla: né alla mia arte né alla maternità. Ho avuto due figli nel lasso di tempo in cui ho portato avanti questo progetto ed è stata un'esperienza così coinvolgente che mi ha arricchito moltissimo anche a livello professionale. Non dico che sia stato facile, ma il risultato mi ha pienamente soddisfatta.
La mostra FLOR di
Flor Garduño, nel corso del
prossimo anno, verrà trasferita
in diverse città italiane,
in Germania e negli U.S.A.
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