“ Si scrive ciò che si sente e si vive. Si scrive con tutto il proprio essere. E’ la sola maniera di essere onesti, di essere se stessi”.

Ivy Compton-Burnett

venerdì 28 giugno 2013

MARGARET ATWOOD, una quotidiana poesia

 
Qualcosa di Margaret Atwood, tra i tanti libri pubblicati.
"Tornare a galla" è un romanzo che regala sensazioni intense, vibranti. E' il viaggio di ritorno alla natura, all'origine, all'essenzialità (e quindi alla verità) di una donna congelata dal dolore e dalla paura. E tornare alla natura in questo caso vuol dire davvero riappropriarsi del proprio corpo e di uno spazio "vergine" in cui muoversi. Un'isola selvaggia dunque, con la foresta, il lago dalle acque gelate, gli animali e gli uccelli. E poi: mangiare foglie e radici, dormire nella terra, correre nuda tra gli alberi intricati. Atti primordiali, purificanti e liberatori. Gesti e movimenti che la protagonista finalmente si concede nel tentativo di recuperare la propria vita. Tempo che lei pretende per se stessa, per capire e per entrare in contatto col passato, coi morti, gli dei, con le emozioni che si è negata così a lungo. Un libro vivifico, che dona energia, forza e consapevolezza. Un inno alla vita, quella vera, che affonda le proprie radici nella terra umida e muschiata e si protende anelante verso un cielo limpido e silenzioso.
I racconti di "Fantasie di stupro" sono molto diversi e si immergono nella quotidianità di tante vite. Storie di donne quindi, quasi tutte narrate in prima persona. Storie emblematiche, allegoriche: a tratti il senso è soltanto intuibile, forse secondario. Le parole sono misurate oppure tonde e ridondanti, lucenti come gioielli. E sono tante, creano suoni, echi, che distraggono dai fatti spingendoli in secondo piano. Si intuisce una ricerca di suoni tipica della poesia ( Margaret Atwood è ancor prima che narratrice una poetessa molto conosciuta) e poi una scrittura che a tratti procede più per immagini e archetipi, per catene di parole e di idee. I finali restano aperti, sospesi, lasciando più dubbi che certezze. Ma personalmente non lo considero un limite: un racconto non deve necessariemnte spiegare qualcosa, è sufficiente che metta in luce - un'emozione, un fatto, un personaggio- così che il lettore possa rifletterci sopra. Non è compito dello scrittore azzardare ipotesi risolutorie poiché, come scriveva Anton Cechov "...egli è, insomma, come un semplice cronista".
Nel racconto "Le vite dei poeti", per esempio, la Atwood lascia intuire come può essere l'esistenza di una donna che scrive poesia e che "di professione" fa solo quello. Mette in luce le paure, le difficoltà, le frustrazioni, ma soprattutto la fatica della creazione. E' molto utile, e anche confortante per chi scrive.
Ne "L'uccello dalle piume splendenti" l'attenzione è ancora sul dolore di una donna, un dolore insospettato persino dal marito, perchè è un sentimento che non urla e non si dibatte, come quelli più profondi, ma che consuma dal di dentro, un giorno dopo l'altro.
In "Training" la descrizione disincantata e onesta delle giornate di un' handiccapata di nove anni dà i brividi: sbatte sulla faccia del lettore tutta l'ipocrisia e il moralismo che circonda il piccolo-grande mondo dei ritardati mentali e non offre consolazioni, probabilmente perchè non ce ne sono.
L'umanità non è granchè in questi racconti: ma ogni tanto è bene ricordarselo.

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