“ Si scrive ciò che si sente e si vive. Si scrive con tutto il proprio essere. E’ la sola maniera di essere onesti, di essere se stessi”.

Ivy Compton-Burnett

domenica 30 giugno 2013

SYLVIA PLATH, l'intervista immaginaria



Silvia Plath (Boston 1932-Londra 1963), poetessa americana di fama mondiale, è morta suicida a 30 anni dopo aver pubblicato un solo libro. Le rivolgo alcune domande molto personali, nella speranza di ottenere da lei, attraverso i suoi diari ( Adelphi) la possibilità di avvicinarmi un po' di più al suo mondo e alla sua poesia, tentando un gioco che non vuole essere come spiare dal buco della serratura l'esistenza altrui, ma un sincero e profondo desiderio di avvicinamento.
1- Le pesa la solitudine necessaria alla scrittura?
"Sto sempre ad ascoltare i passi su per le scale e li odio se non vengono da me. Perché, perché non posso diventare ascetica per un po', invece di stare sempre in bilico tra il desiderio di completa solitudine per scrivere e leggere e il desiderio grande, grande, di mani che gesticolano e parole di altri essere umani." 25-2-56
2- Come si confronta con gli altri scrittori?
" Oggi mamma mi ha scritto una lettera di massime utili; dapprima scettica come sempre, ho letto quel che ha colpito nel segno: - se ti paragoni agli altri , rischi di diventare vanitosa o amara, perché ci saranno sempre persone più o meno importanti di te…Al di là di una sana disciplina, sii buona con te stessa. Sei anche tu una creatura dell'universo come gli alberi e le stelle; hai tutto il diritto di essere qui.- Queste parole si sono rivolte pacificamente al mio cuore, come a commentare, gentilmente, la mia vita, i miei giorni." 25-2-56
3- Quanto è importante pubblicare per lei?
"…per me scrivere è una forma di vita: e scrivere non solo da un punto di vista pragmatico, rivolto al guadagno. Certo, considero la pubblicazione un riconoscimento di valore e una conferma di capacità - ma scrivere richiede esercizio, esercizio continuo." maggio 1952
" …scrivi ogni racconto, non per vederlo pubblicato, ma per diventare una scrittrice migliore - e, in quanto tale, più vicina alla pubblicazione." 9-8-1957
4- Cosa significa scrivere?
La scrittura è un rito religioso: è un ordine, una riforma, una rieducazione al riamore per gli altri e per il mondo come sono e come potrebbero essere. Una creazione che non svanisce come una giornata alla macchina da scrivere o in cattedra. La scrittura resta: va sola per il mondo. Tutti la leggono, vi reagiscono come si reagisce a una persona, a una filosofia, a una religione, a un fiore: può piacergli o meno. Può aiutarli o meno. La scrittura prova delle emozioni per dare intensità alla vita: offri di più, indaghi, chiedi, guardi, impari e modelli: ottieni di più; mostri, risposte, colore e forma, sapere. All'inizio è un atto gratuito. Se ti fa guadagnare, tanto meglio. All'inizio non lo fai per soldi. Non è per soldi che ti siedi alla macchina per scrivere. Non che non ti piacerebbe. E' così bello quando un mestiere ti paga da mangiare. Con la scrittura non si sa mai. Come vivere nell'insicurezza? E peggio ancora con il rischio ogni tanto di fallire o perdere la fede nella scrittura stessa. Come vivere con tutto questo? La cosa peggiore, peggiore di tutte, sarebbe vivere senza scrittura. 12-12-1958
5- Che cosa la spaventa davvero?
"La catena logica della mia paura funziona così: voglio scrivere racconti e un romanzo ed essere la moglie di Ted e la madre dei nostri figli. Voglio che Ted scriva come vuole e viva dove vuole e che sia mio marito e il padre dei nostri figli. Per adesso non riusciamo, e forse non ci riusciremo mai, a guadagnare da vivere come scrittori, ma è il mestiere che ci piace. Come riusciremo a fare soldi senza sacrificare energie e tempo e danneggiare il nostro lavoro? E ancora peggio: che succede se il nostro lavoro non è abbastanza buono? Ci mandano indietro delle cose. Il mondo in questo modo ci sta forse dicendo che non dovremmo affannarci a scrivere? Come facciamo a sapere se lavorando duro oggi e migliorando supereremo mai la mediocrità? Il mondo in questo modo si sta forse vendicando perché abbiamo voluto rischiare? Non lo sapremo finché non avremo lavorato, scritto. Niente ci garantisce che vinceremo un diploma di scrittura. Allora madri e bottegai avevano ragione? Non sarebbe stato più semplice risparmiarci questi interrogativi inquietanti, trovare un buon lavoro e assicurare un futuro ai piccoli? No, se non vogliamo amareggiarci tutta la vita. No, se non vogliamo sentirci frustrati: che grande scrittrice sarei stata, se solo. Se solo avessi avuto il fegato di provare a lavorare e a sopportare l'insicurezza provocata da tentativi e fatica."
12-12-1958


Il 19 febbraio 1959 Silvia Plath si chiede, nel diario: " Di che cosa ho paura? Di invecchiare e morire senza essere diventata Qualcuno?"
Il 16 ottobre del 1962 sembra aver trovato una risposta, e scrive: "Sono una scrittrice geniale; me lo sento. Sto scrivendo le poesie più belle di tutta la mia vita; mi renderanno famosa…"
Era così infatti, perché quell'autunno completò la sua raccolta più bella e famosa, intitolata "Ariel", ma questo lei non lo seppe mai, perché meno di quattro mesi dopo si suicidò.

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